Clusone, volò 5 metri giù dal balcone
«Gabriele è salvo: grazie a tutti»

«Ho tanta voglia di ringraziare tutti quelli che hanno pregato per il nostro Gabriele. Le storie belle vanno raccontate». Eccola lì la storia della sua vita, un vulcano di allegria, zazzera bionda e mani appiccicose di gelato alla fragola.

«Ho tanta voglia di ringraziare tutti quelli che hanno pregato per il nostro Gabriele. Le storie belle vanno raccontate». Eccola lì la storia della sua vita, un vulcano di allegria, zazzera bionda e mani appiccicose di gelato alla fragola. Armeggia con il cono di wafer, poi lo passa a papà Giovanni e si rintana sulle ginocchia di mamma Giovanna protestando che è ora di andare. Ma non è ancora ora, Gabriele. C'è da raccontare di quando, il 4 settembre di due anni fa, la tua vita era appesa a un filo e pochi pensavano che ce l'avresti fatta.

«Invece grazie alle preghiere di tutta Clusone e di tanti amici e semplici conoscenti, ne sono convinta, passo dopo passo Gabriele è guarito. Più di quanto si pensasse». Giovanna Savoldelli parla al tavolino di un caffè, lo sguardo sereno e le mani che spesso indicano in alto. Ne è sicura: Gabriele si è ripreso dal fortissimo trauma di due anni fa grazie alla bravura dei medici e dei terapisti, «ma un aiuto dall'alto deve proprio essere arrivato», precisa.

Quattro settembre 2011, poco dopo le 14: Gabriele Balduzzi, all'epoca due anni e cinque mesi, cade dal balcone di casa, in piazza Sant'Anna a Clusone. È al secondo piano. Sta giocando «e probabilmente ha usato la ringhiera come una scala, poi ha perso l'equilibrio ed è volato giù» racconta Giovanni. Impatto di vertice, cioè di testa, da 5 metri e 35 centimetri d'altezza. I genitori non sentono più la sua voce e capiscono. Col cuore in gola si precipitano in strada e «l'abbiamo trovato a terra riverso su un lato - continua Giovanna -. Mio marito diceva che era morto, ma grazie a Dio sentivo il respiro leggero. Mentre Miriam (la primogenita che oggi ha 17 anni, ndr) chiamava i soccorsi, l'abbiamo comunque caricato in auto e portato al pronto soccorso di Piario».

Il tempo di intubarlo e l'elisoccorso lo trasferisce agli Ospedali Riuniti. Gabriele finisce il gelato e comincia a giochicchiare col telefonino mentre sotto un temporale improvviso affiorano i particolari di quella giornata drammatica. «Secondo i medici non c'erano speranze, ci parlarono in modo molto schietto - racconta papà Giovanni -: nostro figlio non si sarebbe svegliato dal coma farmacologico, oppure poteva rimanere in stato vegetativo» continua lui senza perdere d'occhio la sua piccola peste.

Dopo la Terapia intensiva pediatrica, Gabriele è sottoposto a tre interventi chirurgici e di lì al 20 ottobre di due anni fa, quando esce dall'ospedale («era mattina»), transita anche dai reparti di Pediatria e Terapia intensiva neurochirurgica, «dove è stato curato sempre molto molto bene, con grande professionalità» aggiungono i suoi genitori.

La prognosi non lascia molte speranze, eppure ci sono segni che a mamma e papà non sfuggono. Come quella volta, a pochi giorni dall'incidente, che Giovanna sente il suo Gabriele chiederle da mangiare. «Impossibile» bisbiglia qualcuno. Invece tra una flebo e l'altra si tracanna 40 cc di latte. Un altro giorno le infermiere gli porgono l'acqua nel biberon. Ma lui non la prende.

«Per forza, lui ha sempre bevuto il latte nel biberon e l'acqua nel bicchiere» precisa la mamma. Infatti quando gli accostano alle labbra il bicchiere, lui beve. È la prova che ha memoria. È a quel punto che, miglioramento dopo miglioramento, mamma Giovanna confessa di «aver maturato la speranza che ce la poteva fare. Ma ero pronta ad accettare anche un'eventuale disabilità». Seguono cinque mesi di riabilitazione al centro «La Nostra famiglia» di Bosisio Parini (Lecco), dove il piccolo entra che non vede e nemmeno cammina. Non prima di subire il suo terzo intervento: l'impianto di una derivazione ventricolo peritoneale per drenare il liquor in eccesso.

Gli viene impiantata il 9 ottobre e «doveva essere per sempre» precisa il papà. Invece proprio un anno fa, il 13 agosto, gli viene tolta e tutto ricomincia a funzionare regolarmente, il liquor trova la sua via naturale di drenaggio. «Ci hanno detto che togliere la Dvp dopo soli 10 mesi è un caso eccezionale» spiegano oggi i genitori di Gabriele che non ci mettono due secondi ad aprire il capitolo ringraziamenti. A ragion veduta: il loro secondogenito (a casa c'è anche la piccola Grazia che ha due anni, un nome che racchiude anche la storia del fratello) ha recuperato completamente la vista e trotterella che è un piacere.

Quindi via coi titoli di coda: «Siamo e saremo sempre grati ai medici e a tutto il personale degli ospedali dove Gabriele è stato e del centro di Bosisio Parini, dove tutto è fatto come un gioco, ma con risultati stupefacenti» spiega Giovanna. Poi chi in questi due anni «ci ha fermato per strada, ci ha abbracciato, spedito messaggini ogni mattina prima di entrare in terapia intensiva, chi ha pregato, tanto, perché Gabriele potesse tornare come prima».

È anche grazie a loro, ne sono convinti i Balduzzi, se loro figlio è già pronto per tornare a settembre alla scuola materna Clara Maffei, dove frequenterà il secondo anno. L'elenco è lungo, ma ci devono stare tutti: «Le sei sorelle di Giovanni - comincia la mamma - e i miei fratelli, i nostri genitori, i sacerdoti di Clusone, don Damiano dell'ospedale di Piario, don Claudio Dolcini che quando Gabriele è caduto stava facendo il trasloco per Sotto il Monte ed è subito andato a casa dei nonni paterni, dove tutti hanno pregato per quattro ore. Poi don Mauro Bassanelli che l'aveva battezzato, le suore di Lovere e le suore della Sapienza di Clusone». Tutti uniti in una maratona di preghiera a Papa Giovanni. «E grazie a Giovanna - avanza il marito -: ha vissuto un'esperienza straordinaria di fede: la serenità che è riuscita a infondere nel bambino ha dato frutto». Gabriele è tornato a Clusone il 7 aprile 2012. Una vera rinascita, per lui che è nato l'8 aprile. Buona vita, piccolo.

Marta Todeschini

© RIPRODUZIONE RISERVATA