«Caccia difficile, ma noi ci siamo»
Poca selvaggina e spazi ridotti

Nonostante il cielo grigio i cacciatori bergamaschi non hanno rinunciato alla levataccia per la giornata di apertura della stagione venatoria. «Avrei fatto meglio a stare a letto», dice Pietro Vailetti, da 45 anni cacciatore. «Prede? Zero di zero».

Nonostante il cielo grigio i cacciatori bergamaschi non hanno rinunciato alla levataccia per la giornata di apertura della stagione venatoria. «Avrei fatto meglio a stare a letto», dice Pietro Vailetti, da 45 anni cacciatore: a distanza di tre ore dal primo caffè della mattina il bilancio è desolante: «Prede? Zero di zero. Non ho sparato neanche un colpo».

Ma sono tanti i cacciatori che ieri sono rimasti a mani vuote, per un avvio di stagione decisamente sottotono. «Ormai di selvaggina non ce n'è più tanta» conferma Angelo Terzi, come l'amico Vailetti ha avuto la licenza a 16 anni, quando i genitori potevano autorizzare con una firma il figlio minore.

Uguale «destino» per il terzo amico Giuseppe Belloli. Il ritornello più volte sentito ieri durante la «caccia» ai cacciatori nell'Ambito della pianura, scortati dal sottufficiale della polizia provinciale Diego Rota, è sempre lo stesso: «È colpa anche della difficile stagione: il mais, il sorgo, la soia che ancora non sono maturi, sono un ottimo rifugio per la selvaggina. Di solito di questi tempi i campi sono liberi».

I cacciatori infatti non possono entrare nei campi che quest'anno sono ancora in fase produttiva. «Ormai qui in pianura gli spazi sono pochi, costretti tra capannoni, strade, campi», dice Vailetti. Terzi lamenta anche la scarsa considerazione che si ha dei cacciatori: «Noi rispettiamo le regole altrimenti non potremmo avere la licenza».

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