«Un filo di rame e un sasso
Così ascolto tutte le radio»

Un filo di rame come bobina, un pezzo di galena (minerale di piombo) e una cuffia. Basta questo, e bastava già questo a inizio Novecento, per riuscire a captare le onde radio provenienti da tutto il mondo. Niente energia elettrica, niente batterie.

Un filo di rame come bobina, un pezzo di galena (minerale di piombo) e una cuffia. Basta questo, e bastava già questo a inizio Novecento, per riuscire a captare le onde radio provenienti da tutto il mondo. Niente energia elettrica, niente batterie.

È la radio galena - dal nome appunto del minerale che ne costituisce parte fondamentale - utilizzata soprattutto nelle guerre, nelle trincee o nei campi di concentramento, dove l'energia elettrica non arrivava o non era comunque facile accedervi.

Da circa cinque anni, a Ornica, in un locale che apre sulla via pedonale del centro, si trova il primo e unico laboratorio-museo pubblico dedicato proprio alla costruzione e alla sperimentazione della radio galena. A costruirlo e gestirlo è Ambrosioni Benigno, 44 anni, di Ornica, falegname, fin da ragazzo appassionato alle radio.

Fa parte dell'associazione di Radioamatori della Valle Brembana e, da qualche tempo, la sua attività principale nel gruppo è diventata proprio quella di far rivivere questo primordiale strumento di comunicazione, nato tra fine Ottocento e inizio Novecento.

L'apparecchio a cristallo chiamato comunemente radio a galena, per funzionare, ha bisogno di un'antenna per raccogliere più radiofrequenza possibile (energia elettrica) proveniente dalla stazione trasmittente. Quindi un buon sistema di terra e una bobina di rame. Per ottenere il segnale elettrico audio da portare poi a una cuffia, occorre un cristallo, la galena appunto (solfuro di piombo), ma si possono usare anche carborundum (silicio e carbonio), zincite (ossido di zinco) o bormite (solfuro di rame e ferro).

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