Il delitto al Coconut di Cortenuova
L'assassino confessa: non volevo

Una rapina sfuggita di mano a una banda di malviventi. Ecco cos'è stato il delitto al Coconut di Cortenuova. L'assassino di Mohammed Ammerti è un 48enne pavese che ha confessato: «Ma non volevo ucciderlo».

Una rapina sfuggita di mano a una banda di malviventi che solitamente si fingevano poliziotti in borghese per rubare droga, sognavano Scarface e però non disdegnavano i furti di rame. Ecco cos'è stato il delitto al discobar Coconut di Cortenuova del 12 gennaio scorso.

Venerdì 11 ottobre c'è stata la confessione di Luigi La Gioiosa, 48enne di Mortara (Pavia), che ha ammesso l'omicidio del proprietario Mohammed Ammerti, marocchino di 47 anni: «Sì, l'ho ucciso - ha confessato al gip -, ma non era mia intenzione. Mi stava colpendo con il bastone e volevo soltanto spaventarlo, farlo smettere, ma sono partiti tre colpi, invece di uno». Fermo convalidato per il 48enne, che era armato di una pistola automatica 7,65, e che resta in carcere.

I banditi cercavano cocaina che ritenevano nascosta nel locale, ma il 48enne ha sparato non appena il proprietario ha abbozzato una reazione. Fin da subito il pm Franco Bettini e i carabinieri del nucleo investigativo di Bergamo avevano fiutato la pista, tenendo sotto controllo i sei presunti responsabili.

E quando il cerchio si è stretto, uno di loro non ha retto e ha deciso di collaborare con gli inquirenti. L'uomo è finito ai domiciliari in una località segreta perché rischia rappresaglie (per lo stesso motivo non pubblichiamo le sue generalità). Con La Gioiosa in cella si trova un presunto complici: Raimind Koxhaj, albanese di 30 anni, impresario edile, sposato e con 3 figli, che abita a Magenta.

Il quarto italiano della banda, Luigi Assandri, 28 anni, di Sedriano, padre di tre figli, è morto il 29 settembre folgorato mentre cercava di rubare rame da una cabina elettrica a Inveruno, nel Milanese, pochi giorni prima che scattassero le ordinanze di custodia. Due marocchini - Nabil Mussali e Ali Hussi, domiciliati rispettivamente a Rozzano e Milano -, ritenuti i basisti e pure loro destinatari di una misura per concorso nell'omicidio, sono infine ricercati. Sarebbero stati loro a rivelare alla banda che al Coconuts veniva nascosta sostanza stupefacente.

A fare irruzione, alle 23,30, erano stati «Luigi», Kohxaj, Assandri e il bandito che ha collaborato con gli investigatori. Uno aveva esploso un colpo di fucile sul soffitto per intimidire i tre clienti. Dal retro era però accorso Ammerti che, brandendo un bastone, aveva tentato di cacciare i rapinatori. È così che «Luigi» gli aveva sparato tre colpi di pistola calibro 7,65.

Le indagini erano partite dai telefonini. I carabinieri avevano controllato le utenze agganciate a quell'ora alla cella di Cortenuova. Una folta lista, nella quale sarebbe stato arduo districarsi, non fosse giunta una preziosa soffiata. Un informatore raccontava di una banda di milanesi che, fingendosi agenti in borghese e mostrando falsi distintivi della polizia, era solita irrompere nelle case di spacciatori per inscenare sequestri di stupefacenti che in realtà erano furti.

Scattano le intercettazioni e si viene a sapere di colpi messi a segno a Milano, Pavia, Opera. In 24 finiscono indagati. Ci sono anche i sei che poi saranno accusati di omicidio perché i tracciati dei loro cellulari la sera del 12 gennaio risultano identici: Cesano Boscone-Cortenuova e ritorno. Non solo. Si scopre che i banditi 25 giorni dopo il delitto sono di nuovo all'opera, a Vigevano.

Chi sta intercettando le conversazioni subodora una rapina. E così il pm, per scongiurarla, ordina un controllo all'auto su cui viaggiano i malviventi, con due raccomandazioni ai militari: far sapere ai banditi che sono arrivati apposta da Bergamo e lasciar intendere che qualche sospetto su di loro ce l'hanno. È una buona mossa, perché il giorno successivo Assandri in auto si sfoga con due familiari. «Ho preso un colpo quando ho visto che a fermarci erano stati quelli di Bergamo». Un parente: «Ma tu non hai sparato». Assandri: «Sì, ma per il concorso sono 20 anni».

È in pratica un'ammissione, sostiene il pm, che il 31 luglio chiede al gip Giovanni Petillo le misure cautelari. Ma il giudice non è convinto. La banda agiva con armi giocattolo e a viso scoperto simulando operazioni di polizia. Al Coconuts, invece, gli autori avevano passamontagna, una 7,65 vera e addirittura un fucile da caccia. E i telefonini agganciati alle celle non bastano: i sei potevano essere a Cortenuova per altri motivi. Il 20 settembre il gip rigetta la richiesta del pm. Che fa appello al Riesame.

La camera di consiglio viene fissata per il 15 ottobre. La Procura dovrà notificarlo agli indagati, scoprendo così le carte: i presunti autori rischiano di volatilizzarsi perché sono a piede libero. Ma gli investigatori hanno un colpo di coda geniale. Convocano in caserma Koxhaj e quello che diventerà il loro collaboratore. Formalmente è per informarli della data del Riesame, ma non glielo dicono subito. Il bandito italiano non regge, intuisce che è stato chiamato lì per il delitto e parla. Dichiarazioni coincidenti con gli elementi raccolti, che stavolta convincono il gip: via con le ordinanze. L'ultimo a essere catturato, all'alba di ieri, è «Luigi»: quello che ha premuto il grilletto.

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