Il nuovo libro di Martino
Il cervello è malato di stress

«Il cervello gioca in difesa- Storie di cellule che pensano», Mondadori, sarà presentato oggi alle 18.30 presso la libreria Palomar. L'autore è Gianvito Martino, neurologo, capo della Divisione di Neuroscienze del San Raffaele di Milano. Noto al pubblico bergamasco come co-fondatore di BergamoScienza, è anche docente alla Queen Mary University di Londra, presidente della International Society of Neuroimmunology, fondatore della European School of Neuroimmunology e ha vinto per le sue ricerche sulle malattie neurodegenerative il Premio Rita Levi-Montalcini.

Con «Il cervello gioca in difesa», affronta il tema dell'esistenza  dal punto di vista dei meccanismi immunologici: «siamo» perché siamo capaci di interagire con l'ambiente che ci circonda e che orchestra la nostra evoluzione di esseri viventi. Per sopravvivere, in miliardi di anni, abbiamo sviluppato un imponente congegno di difesa, il sistema immunitario, che discrimina tra ciò che si deve combattere e ciò di cui non possiamo fare a meno; fra «noi», «utile a noi» «minaccioso per noi».

Per farlo, l'organismo costruisce strategie raffinate basate sulle interazioni tra cervello e anticorpi, cellule staminali, ghiandole e ormoni. Ma anche esperienze accumulate nel tempo e nei tessuti che vengono ricordate e riutilizzate. In questa danza che ha per fine il mantenimento della vita dell'individuo, gli studi più recenti hanno messo in luce il ruolo dello stress. In positivo, lo stress è il segnale di allerta trasmesso al corpo in situazioni potenzialmente pericolose. Ma se è prolungato, interferisce con il sistema immunitario e aumenta il rischio di sviluppare vari tipi di malattie : dall'asma all'artrite reumatoide, dalle malattie cardiovascolari alla depressione. Le situazioni stressanti soprattutto, innescano reazioni infiammatorie.

Il libro non è solo una storia (chiara) dell'immunologia, ma anche il tentativo di spiegare come lo studio delle interrelazioni tra cervello e sistema immunitario confluisca nella ricerca che vuole rispondere alla «domanda delle domande» dei rapporti fra mente e cervello o, con le parole che Primo Levi dedica nel 1986 a Rita Levi Montalcini all'indomani della consegna del Nobel: «infrangere la barriera dell'ignoto e ad avvicinare l'umanità alla meta più evanescente e gelosa, quella della mente umana che comprende sé stessa».

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