I ricordi di Giacomo Agostini
La Messa, la polenta, le gimkane...

Le domeniche della vita di Giacomo Agostini si possono tranquillamente dividere in tre filoni. Quelli del prima, durante e dopo, utilizzando come bussola una carriera motociclistica che l'ha consacrato come più grande campione di tutti i tempi.

Le domeniche della vita di Giacomo Agostini si possono tranquillamente dividere in tre filoni. Quelli del prima, durante e dopo, utilizzando come bussola una carriera motociclistica che l'ha consacrato come più grande campione di tutti i tempi.

Tra l'inizio e la fine del suo racconto, le differenze ci sono tutte e non sono trascurabili: perché, nel frattempo, sono cambiati il punto di vista dell'osservatore e tutto il mondo che gli gira intorno. Dagli anni '50 a oggi, il ragazzo è diventato uomo maturo e la società, nel frattempo, ha attraversato una sfilza di passaggi evolutivi che hanno mutato qualsiasi cosa, compreso il ruolo della domenica.

Dalla giornata da spendere in famiglia a quella dei centri commerciali aperti sempre e comunque: un po' di sana malinconia, ma anche l'abitudine che ha reso il presente del tutto accettabile e naturale. «Il ricordo delle mie domeniche varia a seconda del momento della mia vita: il primo flash riguarda le giornate trascorse all'oratorio, tra una partita di pallone e una corsetta, subito dopo i pranzi con i parenti, a casa propria o dei nonni. Polenta e casonsei, sempre. Tutti questi erano momenti imprescindibili, che non sarebbero mai potuti mancare nelle vite di noi bambini di paese».

Questo è Agostini a dieci anni, quando viveva a Cividate Camuno. «Poi, è arrivato il primo motorino e mi vengono in mente i pomeriggi nei paesi vicini, le sfide con gli amici e le gincane. Anche a quei tempi, si avvertiva una sorta di sacralità, che transitava sempre dai pranzi in famiglia e dalle mattinate in chiesa: tutto questo era una prassi quasi rigorosa, che non si poteva evitare».

Qui, Agostini a quindici anni, una volta trasferitosi a Lovere e prima di salire sul treno della gloria. Poi, in un vorticoso turbine di temporale, la licenza per correre, la carriera che inizia, le innumerevoli vittorie e la domenica che diventa, di colpo, il giorno del lavoro. «Il mondo intorno a me non era ancora cambiato, ma fui io a dovere per forza mutare le mie abitudini: le varie manifestazioni mi tenevano impegnato dal venerdì sera fino alla fine del weekend ed era semmai il lunedì la mia domenica. Tornavo a Lovere e, subito dopo pranzo, mi trovavo con gli amici davanti al bar e iniziavo a raccontare tutto quello che mi era successo».

Decine di ragazzi assorti ad ascoltare le storie dell'amico di sempre che stava trasformandosi in campione. Da lì in poi, la domenica di Agostini non è più cambiata granché, nel senso che anche oggi, quando ha appeso il casco al chiodo da più di trentacinque anni, c'è sempre un impegno sportivo dietro l'angolo: «Ora è peggio di quando correvo: tra esibizioni, manifestazioni e qualche gran premio da seguire, sono mesi che non riesco a trascorrere una domenica a casa. Però, quando lo faccio, mi rendo conto che tutto quanto è cambiato». Eccolo, il punto: non si è trasformato solo Agostini, ma anche la società, globalizzata, frenetica, distaccata.
«Come in tutte le cose, ci sono i pro e i contro: non so dire se fosse meglio un tempo oppure ora. All'epoca sembrava tutto bellissimo, ma non è detto che le opportunità che abbiamo oggi siano per forza di cose qualcosa di negativo: ora si viaggia di più e si hanno più alternative. Da bambini non avevamo neanche la possibilità di muoverci di cinquanta metri e vedevamo sempre le stesse facce, mentre oggi, per fare un esempio, possiamo andare a Bologna per colazione e spendere poi il pomeriggio in campagna a Verona. Se ai tempi fosse avvenuto un cambio netto, sarebbe stato uno shock, ma essendo stato qualcosa di graduale, ci siamo tutti quanti abituati e ormai stiamo bene anche con tutti questi cambiamenti».

Assuefazione, ma anche un po' di malinconia: «Al giorno d'oggi abbiamo tutto, ma forse abbiamo perso la dimensione che rendeva speciale ognuno di quei momenti: ogni aspetto era molto più umano, i rapporti personali venivano valorizzati, mentre questa società che va sempre di corsa finisce spesso per sacrificarli. Mi manca il contatto umano, così come la sacralità e le abitudini che avvolgevano quelle domeniche». Tutto quanto spazzato via, come in una curva affrontata alla massima velocità dal grande Giacomo Agostini.

Matteo Spini

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