Mais a Cusio e macine del 1600
E l'ultimo magnaio torna in auge

Una dozzina di anni fa rischiò di chiudere per sempre. Perché le tubazioni che portavano acqua alla ruota erano marce. Poi il recupero, anche grazie al Comune e, ora, la seconda vita.

Una dozzina di anni fa rischiò di chiudere per sempre. Perché le tubazioni che portavano acqua alla ruota erano marce. Poi il recupero, anche grazie al Comune e, ora, la seconda vita. Anche perché alcune famiglie di Cusio hanno ripreso mini coltivazioni di granoturco, come una volta, quando nella Valle Averara il mais era alimento di sostentamento fondamentale e diffuso un po' ovunque.

Così oggi quelle macine in pietra e il loro custode, Ernesto Paleni, oggi 85 anni e ultimo mugnaio della Valle Brembana, sono tornate ancora utili. Siamo ai mille metri di Cusio, nella parte bassa del paese. Qui, pare dal 1600 (anche se la data più lontana documentata è del 1819, impressa su un legno), esiste un mulino ad acqua con macine in pietra: per secoli e generazioni è servito alla comunità della valle per macinare mais per la polenta, segale per il pane, orzo per la minestra e riso. Le famiglie portavano i cereali al mugnaio che provvedeva a trasformarli in farine.

A inizio Novecento, sopra il locale che ospita macine e tramoggia, il mugnaio di allora realizzò anche un piccolo laboratorio di falegnameria. Col secondo dopoguerra e l'arrivo delle moderne tecnologie il vecchio mulino cadde un po' in disuso. Nel 1961 Ernesto Paleni lo acquista per 70 mila lire: vuole ricavarvi una stalla. Ma si innamora subito di quel luogo, di quelle pietre che girano ancora perfettamente, grazie alla ruota in legno mossa dall'acqua. Quegli ingranaggi hanno ancora qualcosa di magico, testimoniano un luogo che, per secoli, ha dato da mangiare alla valle. Ernesto, una vita come muratore, boscaiolo e addetto alle teleferiche in giro per l'Italia, cambia idea.

«Mi ci affezionai - dice oggi Ernesto - e decisi di salvarlo. Cambiai la ruota esterna ormai usurata, con una in ferro. Ma tutto l'impianto interno era ed è arrivato fino a noi intatto, perfettamente funzionante». Ernesto, quindi, da allora ha continuato a macinare cereali per la sua famiglia, curando la manutenzione del mulino. E, l'anno scorso, con l'aiuto del Comune, ha rimesso a nuovo anche l'edificio che lo ospita, compreso il tetto in legno e in ardesia, conservando i materiali originari. Nel frattempo - sarà la crisi, la passione per un nuovo hobby o la stessa presenza del mulino in paese - qualche famiglia di Cusio ha ripreso a coltivare piccole quantità di granoturco, come si faceva una volta. Naturalmente il mais viene portato a Ernesto che, volentieri, macina e rimacina, fino a ottenere ottime farine integrali per polenta.

«Diversi anni fa, quando ancora non esistevano gli omogeneizzati per i bambini - racconta il mugnaio di Cusio che, nella gestione è aiutato dal genero Valerio Paleni - ricordo che macinavo riso per fare le pappe». Il mulino, a Cusio, è ormai diventato un pezzo di storia importante, tanto da meritare una festa ad hoc, quella andata in onda con successo domenica scorsa, organizzata da Acli e Comune. E, come già accaduto durante Fungolandia, quando arrivarono anche dal Piemonte, le antiche macine sono meta di decine di turisti e appassionati. Con Ernesto pronto sempre ad aprire il suo antico gioiello, partito come stalla e ora mulino del XXI secolo.

Giovanni Ghisalberti

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