Zingonia, uccise un connazionale
Marocchino condannato a 15 anni

Quindici anni di reclusione per omicidio volontario. È la condanna comminata dal giudice Patrizia Ingrascì a Mouchine Boudouaia, il 22enne marocchino in carcere con l'accusa di aver ucciso il 9 marzo di quest'anno a Zingonia il connazionale 26enne Abdelati El Manssouri.

Quindici anni di reclusione per omicidio volontario. E' la condanna comminata dal giudice Patrizia Ingrascì a Mouchine Boudouaia, il ventiduenne marocchino in carcere con l'accusa di aver ucciso il 9 marzo di quest'anno a Zingonia il connazionale ventiseienne Abdelati El Manssouri.

Il pubblico ministero Monia Di Marco ne aveva chiesti 14. Lo stesso Boudouaia si era costituito, poco dopo i fatti, e di fronte al giudice delle indagini preliminari (come anche allo stesso pm) aveva ammesso la sua responsabilità: «C'è stata una discussione per una giacca - aveva spiegato al magistrato -. Avevamo bevuto tutti e la situazione è degenerata. Ho colpito senza volere e nemmeno mi sono accorto di averlo ucciso».

La lite in effetti era cominciata all'interno del circolo «Ksar Fès», a Zingonia, ed era stato lo stesso Boudouaia a raccontare l'accaduto ai carabinieri: una versione tutto sommato confermata anche dai testimoni sentiti nell'immediatezza, che riferivano di un banale litigio degenerato in seguito all'abuso di alcol. Secondo la ricostruzione, nel locale si trovavano quella sera due gruppi distinti di marocchini, ciascuno per i fatti propri. A un certo punto, tra due di loro sarebbe cominciato un alterco, sembra per uno scherzo: i buttafuori li avevano fatti sgombrare appena la situazione aveva cominciato a scaldarsi, ma la lite era proseguita all'esterno. Lì sarebbe avvenuto l'omicidio: Boudouaia avrebbe colpito il connazionale con una bottigliata all'altezza della carotide, e poi se ne sarebbe andato. Il ventiseienne era morto dissanguato.

«Eravamo nel locale e abbiamo bevuto: io in particolare otto birre, e avevo anche fatto uso di cocaina. A un certo punto un mio amico mi ha detto di aver perso la giacca e mi sono offerto di recuperargliela», aveva infatti raccontato Boudouaia agli inquirenti. Proprio mentre la restituiva, però, secondo la sua versione, avrebbe per scherzo finto di frugare nelle tasche davanti al proprietario, in quel momento accompagnato da Abdelati El Manssouri. Lì sarebbe scattata la lite. Una volta buttati fuori, sarebbe stato il ventiseienne (sempre secondo il racconto dell'arrestato) ad aggredirlo con una sbarra e colpirlo alla testa: lui avrebbe reagito con una bottiglia rotta, colpendolo ma - a suo dire - senza averne l'intenzione. Proprio questa ricostruzione dei fatti è stata alla base delle arringhe dell'avvocato Emanuela Sabbi (che assiste i familiari della vittima, parti civili al processo) e dei difensori di Boudouaia, gli avvocati Michele Coccia e Maria Pia Longaretti. La prima ha sostenuto la sussistenza dell'aggravante dei futili motivi, invocando la condanna, mentre l'avvocato Longaretti ha sostenuto la tesi della legittima difesa.

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