
È questo l’anello debole dell’organizzazione ostetrica italiana, su cui gli Ospedali Riuniti hanno lavorato moltissimo, raggiungendo importanti traguardi nella gestione delle emergenze, che saranno illustrati e discussi durante il convegno “ Emergenze anestesiologiche in sala parto”, in programma venerdì e sabato al Centro Congressi Giovanni XXIII. “Siamo l’unico ospedale bergamasco – commenta Luca Lorini, Direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione degli Ospedali Riuniti e presidente del corso - ad avere un’équipe di anestesisti dedicata per l’attività delle nostre sale parto, a disposizione 24 ore su 24, 365 giorni l’anno, perfettamente integrata con i ginecologi, gli infermieri e le ostetriche. Se qualcosa va storto mettiamo in atto dei protocolli ben definiti e costantemente aggiornati secondo le più recenti linee guida internazionali: in pochi secondi ogni figura professionale coinvolta sa esattamente quello che deve fare e agisce di conseguenza. Il risultato è un contesto clinico basato sulla sicurezza. Abbiamo tra le mani due vite contemporaneamente, il nostro obiettivo primario è la salvaguardia di entrambe.”
Ma cosa può andare storto? E’ sulle cause dei cosiddetti near missed, cioè quelle complicanze che si concludono senza danni ma che hanno comportato gravi rischi per il paziente, che il convegno focalizzerà la sua attenzione. “La prudenza ci permette di prevenire la maggior parte delle complicanze che si possono presentare durante il travaglio e le diverse fasi del parto - spiega Luigi Frigerio, primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia degli Ospedali Riuniti -. Per esempio, se già in partenza il parto naturale si preannuncia difficile, come nel caso di bimbi podalici, questa strada non viene neanche tentata e si programma un parto cesareo”.
Altre possibili emergenze sono costituite dalle emorragie, dalle gestosi e, in rarissimi casi, dalle trombosi. E’ in questi casi che il lavoro dell’équipe, e in particolare la simbiosi tra l’anestesista-rianimatore e il ginecologo, diventa essenziale. “E’ la capacità di organizzare adeguatamente l’attività dei singoli professionisti in sinergia con il resto dell’équipe quello che fa la differenza – prosegue Lorini -. Tramite appositi protocolli di lavoro e adeguate manovre rianimatorie nella stragrande maggioranza dei casi riusciamo a riportare la situazione alla normalità senza danni né per la mamma né per il piccolo. Su questo aspetto nel corso del convegno ci confronteremo con i colleghi dalle altre realtà lombarde in modo da condividere efficaci linee guida comuni.”
Questo spiega perché nei paesi in via di sviluppo 1 donna su 10 muore di parto, mentre nei paesi industrializzati si tratta di un’evenienza molto rara: un caso ogni 4.000-7.000 parti. Nei paesi occidentali, infatti, l’organizzazione sanitaria è tale da permettere alla donna di essere seguita adeguatamente sia durante il corso della gravidanza sia durante il parto.
“L’incidenza della mortalità materna – spiega Frigerio - è uno dei migliori indicatori della qualità della vita delle donne in un certo Paese, perché riflette la possibilità da parte loro di accedere alle cure e l’adeguatezza del sistema di rispondere alle loro necessità. A differenza dei paesi in via di sviluppo, in occidente la donna è seguita attentamente nel corso della gravidanza e ha la possibilità di partorire in strutture ospedaliere in grado di tutelare al massimo la sua sicurezza. Questo permette alle donne di poter vivere il parto come un evento positivo, sicuro e molte volte anche senza dolore”
Proprio al parto senza dolore – pratica molto dibattuta, ma in costante aumento - sarà dedicata la seconda parte dei lavori nella giornata di sabato 14 marzo. “Tramite una puntura nella colonna vertebrale – spiega Consuelo Mario, anestesista nelle sale parto dei Riuniti - iniettiamo un anestetico locale a basso dosaggio in grado di togliere il dolore, ma non la sensibilità né agli arti inferiori né alla pancia. La donna può muoversi, camminare, scegliere la posizione che preferisce per partorire. Ha pochissime controindicazioni e non danneggia né il bambino né la mamma. E’ possibile, seppur poco frequente, che la mamma accusi un mal di testa a 24 ore dal parto, ma per il resto è una pratica sicura che rende ancora più bello un momento speciale come il parto.”
E anche le donne sembrano ormai esserne convinte: agli Ospedali Riuniti oltre un quarto dei parti avviene con questa tecnica, superando di gran lunga il numero dei cesarei.
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