Riuniti, Università e Sguazzi
per un ospedale in Costa d'Avorio

Firmato un protocollo d’intesa tra l’Università degli Studi di Bergamo, gli Ospedali Riuniti e l’Associazione Sguazzi Onlus per il progetto «Una biblioteca per l’ospedale di Man», ovvero per consentire, grazie a un collegamento satellitare, la formazione continua, anche a distanza, del personale sanitario e lo sviluppo di conoscenze mediche e sociali in un’area della Costa d’Avorio abitata da un milione di abitanti e sconvolta dalla recente guerra civile.

Novità assoluta nel campo della cooperazione internazionale, il protocollo vuole dare sviluppo e sostanza ad un progetto avviato nel 2004 e che ha già portato alla costituzione di una biblioteca medico-scientifica nell’ospedale di Man in Costa d’Avorio, dotata di un collegamento satellitare che ha permesso di portare internet in un luogo in precedenza privo di ogni possibilità di comunicazione.

In questo modo sarà possibile sviluppare progetti di formazione a distanza, che consentiranno agli operatori sanitari e alla popolazione di uscire da un isolamento tecnologico e informativo reso ancora più drammatico dalla recente guerra civile. Una prova dell’efficienza dell’impianto tecnologico creato a Man, grazie anche all’intervento dell’Agenzia spaziale europea (Esa), è stata data proprio stamattina durante la presentazione del progetto: la Sala consiliare dei Riuniti è stata infatti collegata con Roma e la biblioteca dell’ospedale di Man per tutta la durata dell’evento.

È toccato a Gianpietro Benigni, direttore amministrativo dei Riuniti, aprire i lavori: «Con la sottoscrizione di questo accordo vogliamo dare continuità alla nostra vocazione alla cooperazione internazionale che ci ha già portato a intervenire attivamente in molti paesi del mondo, portando le nostre conoscenze tecniche e scientifiche. Questo progetto è una grande opportunità per il nostro ospedale: non solo ci permette di creare fertili sinergie con l’Università di Bergamo e l’Associazione Sguazzi, ma ci porta verso nuovi confini, tramite la realizzazione di una nuova modalità di condivisione delle conoscenze in campo medico. Con il passaggio al nuovo ospedale avremo anche a disposizione alcuni macchinari dismessi, che vorremmo destinare a strutture sanitarie partners nei nostri progetti di collaborazione internazionale».

La prima rilevante novità del progetto risiede proprio nel proporre una nuova modalità di intervento in campo internazionale, che permette all’ospedale di Bergamo di convogliare gli sforzi non più sulla soluzione di singole situazioni di emergenza slegate tra loro, ma sulla formazione permanente del personale medico, all’interno di un processo più ampio di diffusione della cultura medico scientifica e delle opportunità della tecnologia in questo campo.

«Siamo onorati di partecipare a questa iniziativa, che consideriamo coerente con l’impostazione che in questi anni abbiamo dato alla nostra attività – ha dichiarato Alberto Castoldi, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo -. Nel nostro ateneo è attiva la cattedra Unesco, di cui è responsabile il professor Felice Rizzi, che è il nostro docente di riferimento di un corso triennale sulla cooperazione internazionale. Con questo accordo si è creato un pool importante, all’interno del quale l’Università di Bergamo, e in particolare la Facoltà di Scienze della Formazione, metteranno a disposizione tutte le proprie conoscenze e competenze in questo campo». Questa è la seconda particolarità del progetto: si tratta di un intervento che si basa su un tavolo di mediazione tra saperi e bisogni culturali differenti, coordinato dall’ateneo bergamasco, che consentirà di creare le condizioni formali e operative necessarie alla sostenibilità dell’impianto dell’azione formativa.

La parola è quindi passata a Mirco Nacoti, medico anestesisita dei Riuniti e socio di Sguazzi, che dall’esperienza fatta all’ospedale di Man con «Medici senza frontiere» ha maturato l’idea di questo innovativo progetto. «La Costa d’Avorio - ha commentato Mirco Nacoti - ha buone risorse materiali e umane, messe però a dura prova dalla recente guerra civile. È fondamentale evitare che queste persone lascino il Paese: devono restare, è l’unico modo per far ripartire questa Nazione. Con questo progetto vogliamo valorizzare la popolazione e farla uscire dall’isolamento tecnologico e comunicativo nel quale si trova, fornendo la tecnologia, i mezzi più adeguati per usarla e contenuti di qualità. È per realizzare quest’ultimo aspetto che l’apporto dei Riuniti e dell’Università sarà essenziale: ci daranno i contenuti e le modalità più appropriate per trasmetterli, in base ai reali bisogni della popolazione di Man».

La prima lezione a distanza si è tenuta lo scorso 15 maggio e ha visto protagonista l'Istituto farmacologico Mario Negri di Milano in collegamento diretto con l'ospedale di Man per 4 ore. Il prossimo appuntamento è per il 3 giugno, quando, dalle 13 alle 17, si terrà un’audioconferenza con l’Università di Bergamo sul tema delle relazioni interetniche antropologiche della malattia a nord e a sud della Costa d’Avorio. Questo collegamento sarà la premessa a quello in programma l’11 luglio, quando, dalle 11 alle 15, si terrà un’audioconferenza con gli Ospedali Riuniti di Bergamo, da dove Fredy Suter e Franco Maggiolo faranno il punto sulle più recenti terapie per curare il virus dell’Hiv.

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