Val Brembana, i boscaioli
rischiano l'estinzione

In questo periodo di crisi economica galoppante c'è un altro grido di aiuto che si leva, è quello dei boscaioli della Alta Valle Brembana. Una categoria esigua messa alle strette da alcune norme che limitano di molto la loro attività. «Il problema non è la guardia forestale - spiega Maurizio Baroni di Sottochiesa di Taleggio, boscaiolo iscritto all'Aribl (associazione regionale imprese boschive Lombardia) - che deve far rispettare le leggi recentemente entrate in vigore. Il vero problema è a monte: una legge dell'estate 2007 stabilisce che nelle zone di protezione speciale (le cosiddette Zps) è "vietato eseguire ripuliture, utilizzazioni e altri tagli colturali dall'1 marzo al 31 luglio"». Detta così non sembrerebbe nulla di grave, ma il disagio nasce dal momento che almeno il 50% dei boschi del territorio su cui i boscaioli della Valle Brembana operano è stato inquadrato nell'area Zps in questione, che grossomodo ricalca l'area del vecchio parco delle Orobie.

Gli ostacoli per i boscaioli brembani prendono le mosse da una direttiva europea che chiede a ogni regione italiana di individuare sul proprio territorio una certa quantità di zone Zps. «Chi in un modo, chi in un altro, le altre Province lombarde sono riuscite a schivare questa richiesta impegnativa - afferma Baroni -. La nostra Provincia invece è stata abbandonata a sé e così questo ingrato compito è ricaduto sui nostri boschi. Le conseguenze le stiamo pagando noi che, a tutti gli effetti, non abbiamo più un lavoro perché i nuovi "paletti" ci impediscono di tagliare la legna quando sarebbe il tempo migliore e purtroppo neppure di raccogliere quella che è già stata tagliata ed è pronta per essere portata a valle». Il boscaiolo è un lavoro duro e poco ambito. Non è più una valvola di sfogo come accadeva anni fa, quando la gente della valle lasciava la casa e la famiglia per andare all'estero e intraprendere questo mestiere che gli permetteva di mandare avanti la baracca. Oggi la maggior parte dei boscaioli sono artigiani che vivono con un altro lavoro, sono comunque esperti e si dilettano tagliando piante. Però ce ne sono circa 160 in Regione e 10 nella provincia di Bergamo che lo fanno di professione e per loro abbattere alberi è il più delle volte l'unica fonte di sostentamento. «Per fare un esempio delle nostre difficoltà - dice Baroni - prima si lavorava dal 15 settembre al 15 maggio in boschi posti sopra i 1.000 metri di altezza e dal 10 ottobre al 15 aprile per quelli posti al di sotto dei mille metri. A queste date limitate si aggiungeva poi la possibilità di lavorare nel bosco tutto l'anno. Cosa che permetteva ai boscaioli di tagliare legna nel corso dei periodi stabiliti e di procedere poi a "stagione chiusa" alla organizzazione del materiale a terra. Ora invece i periodi si sono ristretti dal 21 settembre all'1 marzo e dal 10 ottobre all'1 marzo, periodo in cui, solitamente, in quota, c'è ancora molta neve. In più non è possibile entrare in zona per il lavoro di recupero e taglio del legname». Un collega di Baroni porta la sua testimonianza: «Io al momento ho 16 mila quintali di legna nelle zone dove ho lavorato, per recuperarli devo però attendere la fine dell'estate».

«La situazione simile in Valtaleggio - prosegue Baroni -: ho tanta legna già pagata ai proprietari di terreni, ma non posso prelevarla e mi tocca stare qui ad aspettare con le mani in mano, dal momento che quello del boscaiolo è il lavoro che sostiene la mia famiglia. Parlano di problemi per i paesini di montagna, che vengono abbandonati dai giovani, ma queste leggi sono un controsenso perché anziché aiutare, contribuiscono piuttosto allo spopolamento. Da sottolineare inoltre che a rimetterci non siamo solo noi ma anche tutti quei Comuni i quali, possedendo grandi lotti di terreno, affidavano il taglio ai boscaioli per avere, anche qui, degli introiti nelle casse comunali». «Ormai i Comuni vivono sempre più in attesa dei contributi economici - affermano ancora i boscaioli - da circa quattro anni è diventato molto difficile poter contattare la Comunità montana, che dovrebbe essere la prima a cercare di tutelarci. Questo è un problema che ci preoccupa in modo particolare, perché, a nostro avviso, è venuto a mancare l'interlocutore principale che dovrebbe essere il nostro principale sostenitore. L'unico provvedimento che ha messo nero su bianco è la richiesta di deroga all'articolo incriminato ma così il problema viene solo rimandato».

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