San Pellegrino: addio a Bigio
Bepi Milesi era il re del biscotto

«Il Bigio era il Bigio, non solo per San Pellegrino: un punto di riferimento per tutta la valle». Così una donna ricorda Giuseppe Milesi, per tutti, comunque, Bigio (soprannome di fatto ereditato dal padre Luigi) morto giovedì pomeriggio, dopo lunga malattia, nella sua casa su viale Papa Giovanni, dove gestiva lo storico bar-pasticceria (i funerali saranno celebrati sabato alle 15).

Con lui se ne va anche un simbolo di San Pellegrino, «un pezzo di storia della nostra comunità e della valle», dice il sindaco Gigi Scanzi. «A Milano conoscono di più il biscotto del Bigio che il Grand hotel o il casinò», dice l’amico Andrea Scanzi. Bepi Milesi se ne è andato e San Pellegrino piange un personaggio illustre della sua storia recente.

Di lui rimarranno la tradizione dei burattini, oggi in vista nella vetrina, i biscotti vanigliati a mezzaluna e poi la storica pasticceria, aperta nel 1934 da papà Luigi, in piazza Marconi, ancora nell’età d’oro di San Pellegrino, quando i clienti di Grand Hotel e casinò erano i nobili di mezza Europa. Già allora il locale divenne famoso per le brioche, per la dolce «polenta e uccelli» e soprattutto per gli inimitabili «biscotti San Pellegrino», con quella ricetta per molti rimasta un po’ misteriorsa ancora oggi.

Nel 1960 la pasticceria si sposta sul viale Papa Giovanni e il locale inizia a diventare riferimento per tutta la valle: sono gli anni in cui Luigi Milesi, con la maschera del Gioppino, diventa il burattinaio più famoso della Bergamasca. Nella piazzetta a lato della pasticceria mette in scena i suoi spettacoli, utilizzando i burattini intagliati nel legno da un autore dell’Ottocento. Così bravo che nel 1964 Bigio, rappresentante dei burattinai bergamaschi, vince un premio a un concorso nazionale a Treviso.

Le sue maschere prendevano vita davanti a decine di bambini, a bocca aperta ad ascoltare quelle storie della valle. Come il «Pacì Paciana padrù de la al Brembana», tanto lunga che per raccontarla servivano tre puntate, ogni giovedì pomeriggio. È durante questi spettacoli che Giuseppe impara dal papà l’arte del burattinaio. Gli fa da spalla e, poco alla volta, ne eredita l’abilità.

Nel frattempo Giuseppe apprende anche l’arte del barman, al «Biffi» della Galleria Vittorio Emanuele a Milano e poi in altri locali in Svizzera. Nel 1970, insieme alla famiglia, prende in mano la gestione della pasticceria, nel 1978 acquisisce un albergo vicino e apre la sala ristorante. All’hotel viene dato il nome di Bigio «in ricordo di un uomo che con la sua nobiltà d’animo ha saputo rappresentare l’intima essenza e il carattere della gente della terra bergamasca», si legge nel sito Internet della famiglia.

Con la scomparsa del burattinaio Luigi, Giuseppe «Bepi» Milesi diventa un po’ per tutti il nuovo «Bigio», erede dell’arte, delle tradizioni e dei dolci segreti del papà, ora custoditi dai figli, Luigi, Francesca e Roberta e dalla moglie Terry Mainetti. Una vita spesa per la famiglia, per il suo bar e albergo e per San Pellegrino. Bepi è stato anche uno dei primi giocatori di basket della società locale e poi presidente del «Valbrembanabasket».

«Amava il suo paese - ricorda l’amico Adriano Epis - e, negli ultimi tempi, sperava nel rilancio turistico: al progetto di Percassi ci credeva e ripeteva che questo era l’ultimo "treno", e non si poteva perderlo». «Per San Pellegrino ha fatto tanto - continua Epis -. È stato una figura simbolo per il paese e la valle. Ricordo ancora quando imparò l’arte del burattinaio da papà Luigi, durante gli spettacoli nella piazzetta vicino all’albergo: era bravissimo. Come era bravissimo quando per anni andò nelle scuole della valle a far scoprire il mondo dei burattini. Arrivava con le maschere in un sacco di juta e poi, tra una battuta e l’altra e brevi commedie, insegnava ai ragazzi come nascevano e come si dovevano muovere. Era un vero maestro».

«Un grande imprenditore, sicuramente - aggiunte Andrea Scanzi, titolare dell’albergo Centrale, di lato a Bigio - che ha contribuito a far conoscere il nome di San Pellegrino: a Milano conoscono di più il biscotto che il casinò o il Grand Hotel. E il ricordo che i turisti si portano via della nostra cittadina è il suo biscotto».

«A Bigio dobbiamo tanto - continua il sindaco Scanzi - per quello che ha insegnato nelle scuole, con i suoi burattini, e per la disponibilità e la passione che ha sempre avuto per San Pellegrino: ricordo quando, dopo aver smesso da tempo di fare spettacoli, aveva accettato di portare ancora i suoi burattini alla festa dei nonni». «Ma Bigio è stato anche un grande albergatore - continua il sindaco - capace di fare il suo lavoro, con qualità. Con lui San Pellegrino perde sicuramente un pezzo di storia importante».

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