
«Non siamo ancora a livelli di epidemia, ma è bene cominciare a lanciare l’allarme, aumentando così la soglia di attenzione da parte di tutti». Il direttore generale dell’Asl, Silvio Rocchi, è preoccupato per i dieci casi di meningite meningococcica registrati in Bergamasca dall’inizio dell’anno ad oggi, due dei quali risultati purtroppo fatali. «Nel 2004 - osserva Rocchi - avevamo avuto complessivamente quindici casi, mentre nel 2001 erano stati soltanto cinque. Evidentemente l’andamento dell’infezione sta cambiando, seguendo un percorso che non ci è ancora del tutto chiaro, tant’è vero che quest’anno, ad esempio, delle dieci persone colpite, ben la metà sono anziani al di sopra dei sessantacinque anni d’età, un target che solitamente la meningite meningococcica tocca soltanto di striscio. Anche questo è un dato su cui è comunque necessario soffermarsi a riflettere attentamente».
Quel che più interessa ora all’Asl è vedere come si evolverà la situazione nelle prossime settimane. Ribadisco - sottolinea ancora il direttore generale dell’Azienda sanitaria locale di Bergamo - che non siamo a livello di epidemia, proprio perché non sono mai stati registrati due casi che abbiano avuto tra loro un qualsiasi tipo di collegamento, mentre si sono sempre verificati episodi singoli, in paesi distanti tra loro, tra persone che non si sono mai frequentate. Certo è che una decina di casi in soli tre mesi, pur essendo ancora nel campo dei piccoli numeri, rappresenta un dato preoccupante. Ora è il caso di prestare attenzione a quello che succederà da qui a due o tre mesi: se la diffusione del batterio della meningite meningococcica si fermerà, o comunque rallenterà la sua corsa, la situazione tornerà normale, e dunque cesserà anche l’allarme; se invece dovessimo registrare altri nuovi casi, la situazione si farebbe decisamente pesante. Siamo in una fase caratterizzata da un certo attendismo, ma in cui è sempre meglio lanciare un segnale d’allarme: un aumento della soglia di attenzione da parte dei genitori dei bambini piccoli piuttosto che da parte dei pediatri o dei medici di famiglia serve comunque, proprio perché non venga sottovalutato alcun segnale clinico che possa ricondurre alla meningite meningococcica: anche in questi casi, infatti, la tempestività è fondamentale per riuscire a debellare il batterio responsabile della meningite meningococcica, perché sottoporre per tempo il malato a terapia antibiotica vuol dire salvargli la vita.
Quanto alla vaccinazione, la discussione se proporla o meno come vaccinazione di massa non è ancora giunta ad un punto fermo. Qualcosa, comunque, dovrebbe muoversi nei prossimi mesi.
Il nuovo Piano nazionale vaccinale - spiega intanto Giancarlo Malchiodi, responsabile del Servizio di Igiene e Sanità pubblica dell’Asl di Bergamo - ha raccomandato l’inserimento di tre nuove vaccinazioni (l’antivaricella, l’antimeningococcia e l’antipneumococcica) lasciando alle Regioni, attraverso propri Piani, la decisione di offrirla gratuitamente ai propri cittadini oppure di prevedere una compartecipazione delle spese (un vaccino antimeningococcico costa all’incirca tra i 15 e i 20 euro - n.d.r). In Lombardia è già pronta da qualche tempo una bozza di Piano vaccinale che, nei prossimi mesi, verrà ripresa in esame per poi diventare operativa. Attualmente, comunque, non sembrerebbero esserci indicazioni cliniche per orientarsi verso una vaccinazione di massa, ma la discussione è ancora aperta.
(06/05/2005)
© RIPRODUZIONE RISERVATA