Case reali in festa, auguri Elisabetta
La foto ufficiale di 4 generazioni - video

La Casa reale britannica inizia a celebrare la Regina Elisabetta che il 21 aprile compirà 90 anni. Ecco la fotografia postata in Fb con quattro generazioni della famiglia reale. L’ immagine apparirà su dei francobolli commemorativi.

«Dichiaro di fronte a voi che l’intera mia vita, per lunga o corte che sia, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della grande famiglia imperiale alla quale tutti noi apparteniamo». Da quasi settant’anni Elisabetta II mantiene fede a questa promessa e i sudditi la ricambiano.

Era il 21 aprile 1947 il giorno del suo 21° compleanno quando la giovane principessa, che portava ancora il pleonastico titolo di «erede presunta» al trono – ai tempi in quanto donna sarebbe stata scavalcata dalla nascita un maschio –, pronunciò quelle parole. Lo fece durante un viaggio in Sud Africa ai tempi ancora colonia dell’Impero. E, quasi per un’ironia della sorte, il 6 febbraio di cinque anni dopo, si trovava nuovamente in Africa, in Kenya, quando si addormentò principessa e si svegliò regina. Aveva 26 anni. Nella notte suo padre, Giorgio VI era spirato a 57 anni nella residenza reale di Sandringham.

Sull’impero non tramonta il sole

La regina Elisabetta domani compirà 90 anni, nei 64 di regno ha visto almeno una decina di sovrani avvicendarsi sui troni d’Europa addirittura tre regine d’Olanda – Guglielmina, Giuliana e Beatrice –abdicare una dopo l’altra, medesima scelta fatta anche da Alberto II in Belgio nel 2013 e da Juan Carlos nel 2014 in Spagna. E soprattutto ha visto un Papa – Benedetto XVI – rinunciare al mandato petrino.

Ma Elisabetta durante la sua vita ha visto anche tramontare la dinastia dei Savoia (da mille anni sul trono), nascere e morire un impero da operetta, quello di Bokassa in Centrafrica, e sempre in Africa scomparire quello del Negus in Etiopia: uno dei più antichi del mondo. Ma ha visto anche due Stati hanno ritrovato il loro re – la Spagna dopo la dittatura di Franco e la Cambogia dopo il regime sanguinario di Pol Pot.

In tutti questi anni sono crollati monoliti che si credevano inossidabili: l’Unione Sovietica, andata in frantumi, e il comunismo nella Cina Popolare. Stalin, Mao, Ho Chi Min sono diventati solo nomi di un passato finito nella soffitta della storia.

Salita al trono quando l’impero «su cui non tramontava il sole» aveva ancora la maggior parte dei territori, nel giro di un paio di lustri si è trovata a firmare leggi che concedevano l’indipendenza a quasi tutte le colonie anche se molti dei neostati continuavano (e alcuni continuano) a riconoscerla come sovrano. Il Regno Unito aveva vinto la Seconda Guerra Mondiale, ma ne era uscito prostrato tant’è che quando nel 1948 la principessa Elisabetta sposò Filippo di Grecia, erano in vigore i razionamenti e la casa reale dovette contrattare con il governo i «buoni» da utilizzare per il vestito da sposa dell’erede al trono, delle damigelle e dei paggi. Eppure per i sudditi fu una ventata di primavera e di speranza vedere il corteo reale con la giovane coppia attraversare Londra.

Ai ferri corti con la Thatcher

Da allora di acqua ne è passata tanta sotto i ponti del Tamigi, anni nei quali il regno ha vissuto rivoluzioni e economiche, culturali e di costume. Dalle tensioni giovanili dei Teddy Boy degli anni Cinquanta alle bande dei Mod e dei Rocker degli anni Sessanta, dalla piaga degli hooligan agli scontri tra la polizia e i minatori durante il thatcherismo. E in mezzo la rivoluzione copernicana della musica e del costume: una ventata di novità, che arrivava da Paese più conservatore del pianeta, portata da quattro zazzeruti musicisti di Liverpool. Fu Beatlemania in tutto il mondo e la regina nominò i Beatles Membri dell’Ordine dell’Impero Britannico. Ma per ogni rivoluzione ciclicamente ha fatto da contraltare una controrivoluzione. Dal mito del «welfare» degli anni Settanta alla svolta liberista della Lady di Ferro. Intanto il Paese passava dall’oblio, nel quale stava scivolando avviluppandosi nel ricordo delle glorie passate, alla rinascita.

La rinascita, che ha riportato la Gran Bretagna sulla ribalta della storia, è cominciata quando al timone del Paese c’era un’altra donna Margaret Thatcher. Il primo ministro al tempo stesso più amato e meno amato della storia del Regno. Anche con la stessa Elisabetta le cose non andarono meglio, si dice infatti che il feeling tra il numero 10 di Downing Street e Buckingham Palace in quegli anni toccò i minimi storici.

Churchill e Wilson

Elisabetta II, oltre a essere sovrano di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, regna anche su numerosi Stati tra i quali Australia, Canada e Nuova Zelanda. In quanto capo di Stato ogni giorno riceve – riposti in contenitori rossi – i rapporti riservati dei vari Paesi. E questo fa di lei la persona più informata e preparato del mondo. Inoltre ha conosciuto o conosce tutti – o quasi – i capi di Stato e di governo e questo fa di lei il miglioro «consigliere» per il primo ministro in carica. Ogni martedì, infatti, la regina riceve a Buckingham Palace il premier. Dal lontano 1952 ne sono sfilati tredici. Il primo fu Winston Churchill: autentico monumento vivente, è stato il padre della vittoriosa resistenza britannica nella battaglia d’Inghilterra contro i tedeschi e uno degli artefici della vittoria alleata nella Seconda Guerra Mondiale. L’altro premier con il quale Elisabetta legò fu il laburista Harold Wilson. Più di una volta il colloquio con la regina si prolungò oltre due ore. La sovrana era molto interessata all’aspetto sociale del Paese ai problemi della classe lavoratrice dell’industria, all’attività dei sindacati. E probabilmente fu il ricordo di queste conversazioni che provocarono in Elisabetta turbamento e contrarietà quando vide in tv le scene dei violenti scontri tra la polizia e i minatori durante i governi Thatcher.

Ma anche quella pagina è finita in archivio. Come in archivio sono stati relegati fatti e «misfatti» dell’annus horribilis: il 1992. La cosa più indolore di quell’anno fu la decisione delle Mauritius di dare il benservito a Elisabetta II e proclamare la repubblica. Poi accadde di tutto e di più: tra scandali, pamphlet e scoop andarono in fumo i matrimoni dei figli Anna, Andrea e Carlo. Quest’ultimo, con Lady D, avrebbe avuto pesanti strascichi fino alla tragica morte della principessa nel 1997 in un incidente stradale nel tunnel dell’Alma a Parigi mentre, in auto con l’amante Dody Al Fayet, tentava di fuggire dall’assedio dei paparazzi. Il 1992 si chiuse con il rogo nel Castello di Windsor una delle residenze più amate da Elisabetta. Le foto la ritraggono con lo sguardo pietrificato assistere impotente all’incendio nella dimora che diede il nome alla dinastia.

Un’altra foto ritrae Elisabetta commossa vedendo il «Britannia», lo yacht reale, salpare le ancore per l’ultima volta per diventare un museo. A quella nave la sovrana era affezionata, vi aveva accolto sovrani e capi di Stato, vi aveva anche trascorso i momenti più sereni. Ne aveva curato l’arredamento e l’allestimento fin nei minimi dettagli. Poi i problemi di bilancio hanno imposto un frettoloso abbandono di quel gioiello fedele «ambasciatore» del regno.

Con Filippo insieme da 69 anni

Elisabetta II si appresta a spegnere 90 candeline – i festeggiamenti sono rimandati secondo tradizione a giugno con la «Queen Birthday Parade» la grande parata militare a Londra – come ogni giorno esaminerà documenti, riceverà collaboratori, diplomatici e consiglieri, firmerà atti. Davanti ai suoi occhi per qualche attimo scorrerà il film della vita e se getterà lo sguardo al di là dei vetri che danno sul Mall – il lungo viale che parte dal palazzo reale – riaffiorerà il ricordo di quell’8 maggio 1945 quando si affacciò al balcone di Buckingham Palace in divisa da ausiliaria della Raf (durante la guerra si arruolò nell’aviazione e imparò a guidare e riparare i camion) accanto alla madre Elisabetta a far da corona con il padre re Giorgio e la sorella Margaret a Winston Churchill per festeggiare la vittoria sulla Germania. E quel giorno ebbe anche quella che probabilmente è stata l’unica giornata di libertà: il padre le concesse di unirsi alla gente a festeggiare la fine di lutti e sofferenze. Ma la guerra tornò ancora a bussare a palazzo: nel 1982 suo figlio, il principe Andrea, fu in prima fila nella guerra delle Falkland e nel 2008 il nipote Harry partecipò ai combattimenti in Afghanistan.

«Diventerai regina? Povera te»

Novant’anni di vita, 69 di matrimonio a fianco di Filippo – il primo e unico amore della sua vita (che il 10 giugno compirà 95 anni) – e, soprattutto, 64 di regno. E dire che al trono ci arrivò per quegli strani giochi del destino: suo zio Edoardo VIII, decidendo di abdicare per sposare la pluridivorziata americana Wally Simpson, consegnò lo scettro al fratello. Era il l’11 dicembre 1936 ed Elisabetta aveva 10 anni e si racconta che non «perdonò» mai quel gesto allo zio perché papà non sarebbe più stato «suo». E, appresa la notizia che il papà sarebbe diventato re, suona quasi profetica la frase che le rivolse la sorellina Margaret di quattro anni più giovane: «Questo significa che poi diventerai regina? Povera te». In tutti questi anni solo due passioni l’hanno «distratta»: i cavalli e i cani corgi. Il resto della vita è stato dedicato al regno, come le aveva insegnato il padre.

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