Commissione europea contro Google:
ingabbia i consumatori nel suo Android

A Google non basta avere una posizione dominante, a livello mondiale, nel campo dei motori di ricerca, dei sistemi operativi per smartphone e tablet e delle app.

Vuole accrescere il suo dominio, e per questo «ingabbia» consumatori e produttori nel suo Android, tenendo fuori la concorrenza. «Abusa della sua posizione dominante», è l’accusa dell’antitrust europeo che, mercoledì 20 aprile, ha ufficialmente aperto un secondo fronte di scontro con Mountain View, chiamato ora a difendersi se vuole evitare una multa che può arrivare a sottrargli il 10% del suo fatturato.

«Saremo felici di lavorare con la Commissione Europea per dimostrare che Android è un bene per la concorrenza ed è un bene per i consumatori», è la prima replica del gigante su cui l’Ue indaga dal 2010. L’associazione dei consumatori europei avverte una sensazione di «deja vu»: «Questo caso ricorda la saga tra Microsoft e Bruxelles di un decennio fa. Ancora una volta un’impresa abusa di una posizione dominante legando i suoi prodotti al suo sistema operativo».

Proprio quello che l’Ue contesta a Google. L’indagine, avviata ad aprile dello scorso anno, ha permesso di dimostrare che «l’azienda obbliga i produttori di smartphone e tablet a pre installare Play Store (l’app store di Google)», il quale può essere scaricato solo attraverso Google Search, il quale a sua volta può essere trovato solo con Google Chrome. In pratica, con questo schema, «si è assicurato che le due app siano pre-installate sulla maggioranza dei dispositivi venduti in Europa», visto che l’80% dei devices venduti usa Android, e non solo in Europa ma in tutto il mondo.

Per Bruxelles ha «attuato una strategia sugli apparecchi mobili per conservare e rafforzare il suo dominio nel campo delle ricerca internet», violando le regole Ue sulla concorrenza. Una pratica che «chiude la via di accesso al mercato ai produttori rivali di app» e «danneggia i consumatori». Questi ultimi, infatti, quando comprano un nuovo smartphone o tablet, trovano già le app di Google installate e non ne cercano altre, a detrimento della concorrenza e limitando l’innovazione.

«Riteniamo che il comportamento di Google neghi ai consumatori una scelta ampia su app e servizi e impedisca l’innovazione degli altri competitor, violando le regole Ue», ha detto la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. L’accusa è anche più pesante: secondo la commissaria, Google ha dato «significativi incentivi finanziari ad alcuni dei più grandi produttori di smartphone e tablet e ad operatori di telefonia mobile, a condizione che pre-installassero Google Search sui loro dispositivi».

Il problema non sono gli incentivi, chiarisce Bruxelles, ma le condizioni annesse, che ancora una volta bloccano la concorrenza. Google respinge tutte le accuse: «Android ha contribuito allo sviluppo di un ecosistema rilevante - e, ancora più importante, sostenibile - basato su un software open source e sull’innovazione aperta», ha detto Kent Walker, Senior Vice President & General Counsel di Google. In un blog, l’azienda spiega inoltre che «i nostri accordi con i partner sono interamente su base volontaria - chiunque può usare Android senza Google. Provateci -, potete scaricare l’intero sistema operativo gratuitamente, modificarlo come volete e costruire un telefono. E grandi aziende come Amazon lo fanno».

Sostegno gli arriva infatti dall’Alleanza degli sviluppatori di app, non contenti dell’attacco della Ue: «Android è la migliore, la più ugualitaria spinta per il mercato delle app», visto che consente anche alle piccole imprese di sbarcare sull’80% dei telefoni grazie ad Android. Se Android fosse come Apple, cioè un sistema chiuso, i piccoli produttori dovrebbero andare su altri sistemi operativi scarsamente conosciuti e in piccolissima parte presenti sul mercato».

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