Corpo carbonizzato, serve il test del Dna
L’auto di un ucraino, ma non si trova

Irriconoscibile. Tanto che servirà il test del Dna per dare un nome al corpo trovato carbonizzato all’interno di un’Opel Vectra station wagon che qualcuno ha incendiato, prima dell’alba di domenica, nei boschi fuori Albino, alle pendici del monte Misma.

L’allarme attorno alle 9, quando alcune persone che stavano scendendo lungo via Santissima Trinità per cercare funghi hanno sentito degli scoppi: si sono avvicinati e hanno notato l’auto ancora fumante.

Le fiamme si erano già spente, ma il calore sprigionato dall’incendio, oltre ad aver completamente distrutto tutte le parti in plastica, le targhe e i vetri della vettura, ha fatto scoppiare le gomme: ecco spiegato il rumore che ha attirato i passanti. All’interno dell’auto c’era un corpo, completamente carbonizzato: tanto che i carabinieri della scientifica e il medico legale non hanno saputo stabilire nemmeno se si trattasse di un uomo o di una donna.

Nell’auto non c’erano più i sedili, pure distrutti dall’incendio: il cadavere era nella parte posteriore dell’auto, sul pianale tra il bagagliaio e dove c’era la seconda fila di sedili. Ma quando è scoppiato il rogo dov’era di preciso? Chiuso nel baule, oppure – forse incosciente, o addirittura già morto ammazzato – sui sedili posteriori? Di certo era all’interno dell’auto, che qualcuno ha guidato lungo via Trinità, strada che, dal centro di Albino, oltre il ponte sul Serio – teatro dell’omicidio, il 2 giugno scorso, della diciannovenne Sara El Omri –, porta all’omonima chiesa della Santissima Trinità. Chi guidava l’auto – presumibilmente poco prima dell’alba di ieri, visto che fino alla tarda serata di sabato la Vectra ancora non c’era – non ha raggiunto la chiesa: percorsi circa duecento metri in salita lungo la strada asfaltata, ha svoltato a destra, imboccando una stradina sterrata che conduce al cascinale dove vive Giuseppe Masserini, pensionato di 72 anni, con i figli Alain e Omar.

Dopo venti metri, chi guidava la vettura ha frenato. E lì, accanto a un fossato asciutto e a un vecchio lavatoio in pietra, l’Opel è stata bruciata. Con delle taniche? I carabinieri non ne hanno trovate. Se erano nei pressi della vettura, potrebbero essersi fuse per il calore. L’indagine – coordinata dal sostituto procuratore Antonio Pansa e diretta dal maggiore Riccardo Ponzone, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Bergamo, e dal capitano Diego Lasagni, comandante della compagnia di Clusone dell’Arma – sembra non voler tralasciare alcuna ipotesi. E, in attesa di dare un’identità alla vittima, ieri i carabinieri sono risaliti all’intestatario della Vectra (che ieri mattina non risultava rubata): è un ucraino che vive in provincia, incensurato. E, fino a ieri, irreperibile.

Lunedì mattina il pm Pansa affiderà l’incarico per l’autopsia. Messa in sicurezza la vettura dai vigili del fuoco e terminati i rilievi, il cadavere carbonizzato è stato portato all’obitorio dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. L’autopsia chiarirà se la vittima era già morta (e, nel caso, in quale modo) quando è stata avvolta dalle fiamme, oppure se è morta carbonizzata.

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