Dallo spread all’Ilva
Governo alle strette

La tragedia di Genova, piombata sulla pausa di Ferragosto, sta impegnando il governo ma curiosamente non ancora il Parlamento che per l’enormità dell’accaduto già si sarebbe dovuto riunire d’urgenza, quantomeno nelle commissioni competenti. Nonostante questo sconcertante ritardo, prima o poi i ministri dovranno pur riferire a deputati e senatori sulle dinamiche del crollo e su ciò che si intende fare ora. Ieri Matteo Renzi ha chiesto polemicamente che il Senato si riunisca subito e che il ministro Toninelli vada a spiegare la posizione dell’esecutivo. L’opposizione cerca di far emergere le contraddizioni: in primo luogo perché il governo sembrava partito lancia in resta per la revoca della concessione ad Autostrade.

L’avvio della procedura però è stato annunciato ieri sera dal ministro Toninelli, dopo i vigorosi comunicati di Palazzo Chigi e le parole di Conte e Di Maio; e in secondo luogo perché i grillini erano, e forse restano, i principali oppositori della Gronda, l’opera pubblica che avrebbe sollevato il ponte Morandi dal sovraccarico e di cui lo stesso Toninelli solo qualche settimana fa ne evocò l’abbandono.

Il crollo di Genova ha così drammaticamente rimesso nell’agenda politica il tema degli investimenti infrastrutturali per troppi anni ridotti a causa della crisi. Il ministro dell’Economia Tria ha annunciato un piano «senza vincoli di bilancio» che dovrebbe incontrarsi con l’altra proposta da 50 miliardi che il suo collega Paolo Savona vorrebbe attuare anche in deroga ai vincoli europei sul deficit. Per realizzarli si dovranno superare due difficoltà: oltre alla nativa ostilità dei grillini proprio per le grandi opere, di cui dicevamo, c’è da decidere la linea da tenere sui vincoli europei nella prossima legge di Bilancio. Il comunicato del governo emesso il 13 agosto rassicurava mercati e partner sull’intenzione di Roma di mantenere rigorosamente sotto controllo i conti pubblici senza rimettere in discussione, come è pur scritto nel contratto di governo, i vincoli europei. Si sa che Tria vorrebbe tenere il deficit abbastanza lontano dal fatidico 3 per cento ma anche che i partiti spingono per «andare oltre», per forzare la situazione come – lo ripetono spesso – già fanno i francesi e molti altri. Che i mercati stiano a guardare con grande sospetto questi ondeggiamenti è provato non solo dall’andamento dello spread con i Bund tedeschi, ormai ad un passo da quota 300, ma anche dal differenziale con i Bonos spagnoli che si è più che triplicato da quando Paolo Gentiloni ha dato le dimissioni. Giorgetti, il potente sottosegretario di Palazzo Chigi, dice di temere la tempesta finanziaria e l’attacco all’Italia: l’impressione è che il fatale appuntamento con i mercati si stia avvicinando e che non sarà necessario aspettare la ripresa di settembre per assistere ai fuochi d’artificio. Molto dipenderà, appunto, dalla legge di Bilancio.

Questo è il principale appuntamento del governo ma non l’unico, ovviamente. Basti citare il caso Ilva. È attesa ad ore la firma della relazione dell’Avvocatura dello Stato sulla gara che ha aggiudicato l’impianto siderurgico ai franco-indiani: da quel momento dovrà scattare una corsa per evitare che, nel giro di trenta giorni, l’Ilva – che non ha quasi più risorse per l’attività corrente – arrivi al punto di non ritorno. Entro un mese si deve decidere, trovare un accordo tra la multinazionale e i sindacati, tra la multinazionale e il governo. Arcelor Mittal ha fatto dei passi, i sindacati sono in fermento, non è chiaro cosa farà Di Maio quando, con in mano le carte dell’Avvocatura, non potrà più guadagnare tempo. Genova, piano infrastrutture, grandi opere, legge di Bilancio, Ilva… ce n’è abbastanza per il governo. Senza dimenticare il problema dei vaccini a inizio anno scolastico, naturalmente…

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