Delitto di Capriate, il gip in carcere Il cognato: «Mia sorella non c’entra»

«Sono stato io, mia sorella non c’entra nulla». È questo, in sostanza, il riassunto di quello che Carmine De Martino, 30 anni, accusato di aver ucciso il cognato a Capriate, ha raccontato oggi al giudice per le indagini preliminari Patrizia Ingrascì che lo ha interrogato nel carcere di Bergamo. L’assassino di Mario Vitali - l’operaio di 51 anni accoltellato martedì sera - ha di fatto confermato al gip la deposizione resa ai carabinieri poche ore dopo il fermo: l’uomo, di origini avellinesi e domiciliato in un albergo di Rozzano, in provincia di Milano, ha anche confermato che l’intenzione non era quella di uccidere il cognato, ma solo di dargli una lezione. Anche la moglie della vittima - Angela De Martino, che secondo gli inquirenti sarebbe da considerare la mandante, anche lei in cella con l’accusa di omicidio premeditato - al giudice ha raccontato di essere estranea all’omicidio: io non c’entro, ha detto in sostanza al gip, con mio marito i rapporti erano tesi, ma non eravamo ai ferri corti.

L’interrogatorio dei due accusati è iniziato intorno alle 15 e si è concluso verso le 17.30: il gip si è riservato di decidere entro domani.

Carmine De Martino è stato tradito dalle orme lasciate dalla sua scarpa sporca di sangue sul luogo del delitto e lungo la via di fuga, poi sarebbe stato inquadrato dalle telecamere di sorveglianza dei paesi che ha attraversato per tornare a casa.

Il movente, secondo i carabinieri, è da ricondurre a tensioni in famiglia, aggravate da questione di soldi. L’arma del delitto, un coltello acquistato in un centro commerciale, non è stata ritrovata: De Martino ha raccontato di averla gettata nell’Adda.

(28/01/2005)

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