Saranno celebrati domani mattina, giovedì 10 luglio, nella chiesa parrocchiale di Borgo Santa Caterina i funerali di Aldo Ghisleni. Ex assessore ai lavori pubblici nella Giunta Vicentini, Aldo Ghisleni è stato stroncato da un tumore a 61 anni. Le esequie saranno celebrate alle 10.30. Poi il feretro raggiungerà Palazzo Frizzoni, intorno alle 11.30, per la commemorazione voluta dall’Amministrazione. Quindi l’ultimo viaggio, verso il cimitero.
L’ECO DI BERGAMO OGGI LO HA RICORDATO COSI’
«Ci abbiamo pensato su, abbiamo discusso tra noi e alla fine ci siamo detti: al referendum per l’articolo 18 votiamo sì. E po’ me sta a ét». È l’ultima decisione che hanno preso assieme l’ex sindaco Guido Vicentini e Aldo Ghisleni che nell’esecutivo del mandato ’95-’99 è stato assessore ai Lavori pubblici.
Lavoratore alle Arti Grafiche fin da ragazzino, sindacalista, politico, amministratore e fortemente impegnato nel sociale: Aldo Ghisleni non ce l’ha fatta a vincere il brutto male che qualche mese fa l’ha colpito a tradimento. Un tumore al pancreas che l’ha debilitato e ha avuto la meglio sulla sua forza di volontà, a 62 anni non ancora compiuti. Generoso e coraggioso: così lo ricorda chi gli è stato vicino, a cominciare proprio da Guido Vicentini: «È stato lui a propormi al partito (il Partito popolare) per la guida della città. E io ho accettato a patto che lui fosse al mio fianco. Un’esperienza nuova per entrambi: difficile, anche dura in certi momenti. Ma la sua vicinanza riusciva a stemperare gli attimi più tesi e il confronto continuo mi aiutava a tirare dritto anche con alcune decisioni a volte impopolari».
Generoso, Aldo Ghisleni lo è stato da sempre: da quando, ancora ai tempi del franchismo trascorreva le vacanze portando materiale sindacale ai colleghi spagnoli, arrivando in auto al confine e correndo un sacco di rischi, ma consapevole di dover fare qualcosa di concreto per i diritti dei lavoratori. Anche quelli stranieri. L’insofferenza per i soprusi e le ingiustizie se la portava dentro ma la esternava senza mezzi termini quando doveva: ha vissuto in prima persona anche momenti non proprio facili per il mondo sindacale di cui è stato attivista fino a diventare segretario provinciale dei grafici negli anni Settanta e dal ’77 al ’79 membro della segreteria nazionale dei poligrafici. All’indomani della strage di piazza della Loggia, in una manifestazione spontanea fu lui a parlare ai bergamaschi in piazza Vittorio Veneto: «Toccò naturalmente a lui proprio perché si era conquistato la fiducia generale per il suo impegno e il suo modo d’essere - continua Vicentini, fortemente colpito dalla notizia della scomparsa -. L’ho visto giovedì scorso, poi domenica mi ha telefonato Lucia (de Ponti) e per dirmi che si era aggravato». Lei, Lucia, compagna di Giunta e amica di Aldo Ghisleni, non riesce a trattenere le lacrime quando ricorda la passione dell’ex assessore per i temi sociali, il suo gran lavorare a favore degli extracomunitari. E la sua età: «Sessantun anni, una moglie sposata nel ’66, Enrica, e la mamma, Liacle, una cara signora». Ma sono tanti quelli sperano che non sia vero: «Non si è mai tirato indietro», commenta il segretario della Cisl Mario Gualeni e un altro cislino doc, Zaverio Pagani, mette in luce la caparbietà insieme al coraggio di dire sempre quello che pensava. Ma il sindacato non è stato l’unico amore di Ghisleni. La politica, prima nella Dc, poi nel Ppi e quindi nella Margherita, ha avuto una discreta importanza nella sua vita: «Quando è nato il Partito popolare, siamo andati insieme da Camillo Paganoni a invitarlo a restare segretario - ricorda Marco Brembilla, leader cittadino della Margherita -. Paganoni rispose picche e, mentre tornavamo in auto, Ghisleni mi disse: "Tocca a te". Aveva deciso, per me e per tutti». La politica. E l’amministrazione per quattro anni: «Nel ’98 aveva cominciato a star poco bene, evidentemente stressato dal gran lavorare - conclude Guido Vicentini -. Io avevo chiesto il tempo pieno agli assessori. E così al mattino lo passavo a prendere e la sera lo riportavo a casa. Nel viaggio di ritorno ripassavamo quanto realizzato, deciso, pensato in giornata. Per entrambi era un’esperienza nuova e quindi facevamo una specie di esame di coscienza per capire se avevamo sbagliato qualcosa. Su di lui potevo contare».
(9/7/2003)
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