«Esploratori su un sidecar russo
Come viaggiare indietro nel tempo»

Già viaggiare via terra da San Francisco, Stati Uniti, a Ushuaia, Argentina, non è uno scherzo. È un’avventura che diventa un’impresa durissima se si balza in sella a un sidecar e addirittura epica e un po’ folle se l’obiettivo è percorrere strade alternative, talvolta inesistenti per le cartine geografiche.

Loro si definiscono «esploratori d’altri tempi» ed è proprio così. Parliamo di Gianmarco Negrisoli, 31enne bergamasco di Città Alta, e della californiana Katie Lane, 32. Si sono conosciuti a San Jose, nella Silicon Valley, dove lui si era trasferito nel 2010 per un master dopo la laurea in ingegneria chimica. Dal 2012 al 2014 Gianmarco ha lavorato in una startup. Nel 2014 la decisione di rientrare a Bergamo con Katie, professoressa di fisica applicata, nel frattempo diventata sua compagna di vita. Ad attenderli un lavoro nell’azienda di famiglia di Gianmarco, la Flamma di Chignolo d’Isola, azienda chimico-farmaceutica che vende principi attivi in tutto il mondo, Stati Uniti in primis.

I viaggi, interpretati con spirito pionieristico, sono sempre stati una loro passione. Prima di dire addio alla vita a stelle e strisce, Gianmarco e Katie hanno deciso di realizzare un ultimo, indimenticabile raid in terra americana. «Sì, volevamo vivere la strada, conoscere la gente, immersi nella natura, come se fosse un po’ un viaggio indietro nel tempo. Budget ridotto, tenda, fornellino e tanta libertà. La scelta è caduta su un Ural Patrol usato del 2010, un sidecar russo 750 a due ruote motrici con 40 cavalli e un vecchio motore di concezione Volkswagen. Un mezzo a bassa tecnologia facilmente riparabile».

Un viaggio di 4-6 mesi - con partenza nel giugno 2014 - che invece è durato 8 mesi trascinandosi fino a febbraio 2015 per una serie di problemi meccanici non indifferenti. È stato un viaggio sfiancante, ma entusiasmante. «Un momento in cui ho pensato che avevamo esagerato? - racconta Gianmarco -. Beh, ogni giorno. Per dare un’idea, ricordo quando si è rotta la frizione sulle Ande, in Ecuador, e Katie ha dovuto spingere il sidecar su un passo a 4.100 metri. O le volte in cui- basandoci sul gps e su OpenStreetMap, i nostri strumenti per orientarci - ci addentravamo in sterrati sempre più impercorribili e magari, a causa di cento metri ripidissimi, impossibili da superare, dovevamo tornare indietro per km e km (in totale saranno 28 mila, il 50% sterrati, ndr)».

L’altitudine è stata la più temibile avversaria perché «non siamo mai stati in pericolo» e «l’unica nota stonata è stata rappresentata dal furto di un prezioso zaino, volatilizzatosi per la disonestà di un finto facchino di un hotel a Tacna, in Perù». «Sì, i problemi sono scoppiati sulle Ande, i 40 cavalli hanno sofferto tremendamente, fin dalla Colombia. Quando nel giro di qualche giorno abbiamo in pratica distrutto il motore e piegato il telaio. Ci siamo fermati per tre settimane a Bogotà. Ci ha dato una mano un tornitore-saldatore e noi abbiamo imparato su YouTube a smontare e rimontare un motore. I pezzi di ricambio arrivavano dagli Stati Uniti. Proprio a Bogotà abbiamo vissuto l’esperienza umana più gratificante conoscendo una famiglia colombiana che - durante lo stop per le riparazioni - ci ha offerto un letto a casa sua, prestato la macchina e supportato in ogni nostra necessità. Il colpo del ko meccanico sull’ultimo pezzo di Panamericana, in Argentina, quando si è piegato l’asse della trasmissione nel terreno argilloso, danneggiati freni, cardano, sospensioni, e s’è incendiata una gomma. Così siamo stati costretti a percorrere i circa 2 mila km che ci separavano da Ushuaia senza la trazione sul sidecar. Che abbiamo imbarcato a Punta Arenas su una nave cargo per Amburgo».

Ma le avversità per l’inaffidabilità del pur affascinante mezzo sono state ripagate da mille momenti che resteranno scolpiti nella memoria . «Il più emblematico? Tra Perù e Cile, in cima a un passo a 5 mila metri. Abbiamo piantato la tenda, acceso il fuoco, c’era un vento freddo, come sfondo le vette delle Ande, montagne rosse coperte di neve, e sulla sabbia granitica bianca si aggiravano i guanachi...». E ancora: «I dieci giorni di navigazione tra Panama e Colombia (via terra è impossibile passare, ndr) su un battello a due alberi e l’esperienza con i Kuna, una popolazione indigena, sulle isole San Blas. Il sorprendente Ecuador: vulcani, sorgenti termali e Quito, perla tra le montagne. L’infinita Patagonia, con il mezzo agnello che abbiamo caricato sul sidecar e cucinato al fuoco come i gauchos. Il deserto di Acatama, in Cile, un rompicapo attraversarlo da Nord a Sud sui vecchi sentieri dei minatori. Il microdeserto di Punta Gallinas in Colombia, il punto più a nord del Sudamerica. E una strada alternativa per Cuzco, in Perù: da non credere, è in mezzo alle piantagioni di coca, tanto da essere presidiata dai militari e cancellata dalle mappe».

Gianmarco e Katie sono a Bergamo da quattro mesi, viaggiano ancora molto, soprattutto per lavoro. Katie si sta ambientando, sta tentando di capire l’Italia: «Città Alta è bellissima, ma la burocrazia...». Hanno in mente nuovi raid e progetti. Ma con un po’ di disincantati Gianmarco osserva: «Negli Stati Uniti si lavora duramente in settimana, ma nel weekend ci si diverte un mondo, anche a Bergamo il lavoro è duro, però purtroppo nel fine settimana c’è poco di elettrizzante da fare. Non vedo spirito d’intraprendenza . Tanto per dire, è difficile anche organizzare un’escursione in fuoristrada al passo di Dordona con partenza da Foppolo, e trascorrere lì una notte...». Per chi volesse sapere di più sul viaggio panamericano, può collegarsi sulla pagina Facebook di Adventure Expeditions.

Marco Sanfilippo

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