Cronaca
Martedì 13 Maggio 2003
Firme elettorali false, tutto prescritto
Il pm ha cambiato la qualificazione del reato: non più falso ideologico ma violazione di una legge elettorale del 1960. Svolta al processo: prosciolti otto imputati, tra cui il deputato azzurro Arnoldi
La linea è stata tracciata ieri. Il primo processo per le cosiddette firme false per le elezioni regionali del 2000 si è concluso con una prescrizione generalizzata, destinata a diventare un precedente significativo anche per gli altri procedimenti simili in corso. Sono stati tutti prosciolti gli otto imputati inguaiati dalle sottoscrizioni raccolte per Forza Italia e poi travasate negli elenchi del partito socialista-social democrazia, il filone principale di quest’inchiesta.
Il nocciolo della sentenza sta nell’accusa: certificare la validità di firme false oppure non apposte in presenza degli autenticatori – è stata la tesi sostenuta dal pubblico ministero Angelo Tibaldi alla luce dell’orientamento della Cassazione – non configura il reato di falso ideologico ma la violazione di una legge elettorale. Una differenza che non è soltanto d’etichetta: la legge elettorale in questione – numero 570, datata 16 maggio 1960 – si prescrive in due anni, il falso ideologico in tempi più lunghi.
I fatti oggetto del processo di ieri risalgono al marzo di tre anni fa e sono quindi abbondantemente fuori dai termini consentiti. Risultato: il pm ha chiesto e ottenuto il proscioglimento. Il giudice Patrizia Ingrascì ha prosciolto l’ex assessore provinciale al Bilancio Gianpaolo Bellavita, i consiglieri provinciali di Forza Italia Mariangela Arnoldi e Roberto Lanza, il deputato azzurro Gianantonio Arnoldi, l’ex radicale Maurizio Gubinelli (all’epoca dei fatti coordinatore della raccolta firme per il partito socialista-socialdemocrazia), Emanuele Biazzo e Giacomo Brusamolino (come funzionario di Forza Italia il primo e responsabile dell’organizzazione della campagna elettorale dello stesso partito il secondo) e infine Giovanni Senziani, coordinatore provinciale degli allora socialisti di De Michelis.
Il processo si è concluso in tempi molto rapidi. Quella di ieri era la seconda udienza (la prima si era svolta il 16 gennaio, ma era stata rinviata poiché si era in attesa che il parlamento decidesse in merito a un’eventuale depenalizzazione di questo tipo di reato, cosa che non è ancora avvenuta). L’accusa ha prodotto tutti gli atti, con il consenso delle difese, di fatto cancellando la necessità del dibattimento. Si è passati così alle conclusioni. Il pm ha chiesto il proscioglimento: «La questione è opinabile – ha spiegato il magistrato –, i pochissimi precedenti di legittimità suggeriscono la configurazione del reato di falsità elettorale al posto di quello ordinario».
La Procura aveva atteso l’esito di un ricorso presentato in Cassazione dal presidente del consiglio provinciale Salvatore De Pascale, che patteggiò 14 mesi per fatti simili (accusa di falso ideologico) e che si era rivolto alla suprema corte per ottenere una diversa qualificazione del reato. Da Roma avevano giudicato il ricorso inammissibile e di fatto la giurisprudenza in materia era rimasta quella già esistente. La decisione di ieri resterà come precedente per gli altri procedimenti che vedono imputati molti altri esponenti politici e amministratori della nostra provincia.
(13/05/2003) Su L’Eco di Bergamo del 13 maggio 2003
Sa.Ga.
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