Giunto in Italia il boia di Bolzano
Di Costa Volpino una delle vittime dell’ex nazista

La latitanza di Michael Misha Seifert, il «boia di Bolzano», criminale nazista, è finita. L’Alta Corte di giustizia canadese ha disposto l’estradizione in Italia e Seifert è giunto stamattina a Ciampino. Tra le persone che da anni attendevano questo momento c’è Gabriella Riva, nipote di Bortolo Pezzutti, il 18 di Costa Volpino, arrestato nel 1944 dalle Ss, perché si era rifiutato di togliere il fazzoletto rosso dal collo e poi barbaramente trucidato dal «boia» Seifert.

«Con l’estradizione di Seifert - spiega la Riva -, inutile negarlo, mi sono tolta un peso dal cuore: che questa persona potesse vivere indisturbata dopo tutti i crimini commessi era qualcosa che offendeva la memoria di tante vittime innocenti e anche di noi congiunti». Tra l’altro tre settimane fa, in occasione della «Giornata della Memoria», Lovere aveva dedicato una targa a Pezzutti lunga la rampa Volpi, proprio quella scalinata su cui venne arrestato dai nazisti 64 anni prima. «Questa decisione - continua la professoressa Riva - rafforza la mia considerazione verso la giustizia. In questo momento vorrei anche ringraziare i partigiani dell’Anpi e tutte quelle persone che, nell’alto Sebino, attraverso la raccolta di migliaia di firme, hanno accelerato questo epilogo».
Seifert è già stato condannato all’ergastolo in contumacia nel 2000 dalla giustizia italiana che lo ha ritenuto responsabile dei crimini di guerra compiuti su migliaia di deportati nei campi di Fossoli e di Bolzano: anche Mike Bongiorno dovette subire le sue angherie, salvandosi solo perché il governo americano propose uno scambio tra prigionieri statunitensi e tedeschi. Il criminale nazista, dopo la guerra, si era rifugiato in Canada sotto falso nome e aveva vissuto per decenni come un tranquillo pensionato, fino a quando venne scoperto, quasi casualmente, da quattro Giubbe Rosse nel 2002, mentre era in un parcheggio a Vancouver, insieme alla moglie. Dopo 6 anni di battaglie legali, arriva finalmente il momento dell’estradizione. «Non mi interessa guardarlo negli occhi, non nutro sentimenti di rivalsa - conclude la nipote di Pezzutti -: voglio solo che la giustizia faccia il suo corso. Finora non mi risulta abbia mostrato alcun segno di pentimento: ecco, se cambiasse idea, se cominciasse a prendere coscienza delle atrocità che ha compiuto, sarebbe per me importante».

Molte le reazioni anche da Bolzano. «Qui il ricordo di Seifert è ancora pessimo e drammatico - spiega la senatrice della Sinistra Arcobaleno Lidia Menapace, ex partigiana -. Per fortuna ora può venire in Italia e subire le conseguenze di tutto quello che ha fatto». Il responsabile dell’Anpi, senatore Lionello Bertoldi, esclama: «Solleviamo il nostro spirito, lievemente appagato nel sentimento molto umano di desiderare la giustizia: è il modo giusto per alleviare il dolore di donne e di uomini passati nel lager». E Federico Steinhaus della comunità ebraica di Merano aggiunge: «Sapere che la giustizia colpisce i colpevoli anche dopo tanti anni può dare speranza a chi oggi soffre di ingiustizie».(16/02/2008)

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