Gli anziani del Gleno in corteo"Bergamo non ci dimenticare"

In trecento per le vie del centro insieme agli ospiti della Casa di Riposo, un viaggio tra passato e futuro per una comunità che desidera soltanto un gesto d’amore

Il comitato formato da operatori della Casa di riposo ha portato nel centro di Bergamo 300 persone e soprattutto loro, i vecchietti del Gleno. Quel pezzo di città che la città ha lasciato fuori e che domenica è tornata a bussare alle porte, chiedendo un gesto d’amore. Perché «a cosa serve aver vissuto tanto se nessuno ci ascolta?», si leggeva in uno dei cartelli esibiti dal corteo che dalla chiesa della Madonna delle Grazie (lì nel 1811 aprì i battenti la Pia Casa dei poveri di Bergamo) si è snodato per il centro.
E la città c’è, non tutta ma c’è. C’è l’«altra» società civile, quella che di solito non si esibisce in autorevoli giudizi, c’è la gente comune che marcia insieme agli anziani, chi porta i bambini, chi semplicemente si affaccia alla finestra e sorride e saluta quei vecchietti in carrozzina. Ci sono anche assessorI, consiglieri regionali e comunali, segretari di partito. C’è il Gleno di ieri e di oggi, ci sono le Rsu sindacali, ma non i leader provinciali. Ci sono i camici bianchi dei medici e degli operatori, i volontari e i parenti, ma soprattutto ci sono loro: una trentina di ospiti del Gleno che ieri sono tornati in città. In corteo spinti sulle carrozzine, appoggiandosi a un bastone o al braccio di un parente: tanto contenti di esserci che in pochi accettano di abbandonare il corteo, come previsto, in via Pignolo. "Erano dieci anni che non vedevo via Tasso", sussurra un’anziana con un filo di commozione.
La città è fuori, e il Gleno ci vuole rientrare: «Vorremmo che l’innegabile patrimonio di esperienza, passione e professionalità uscisse da qui per essere messo a disposizione del malato cronico a domicilio, dove deve poter rimanere il più a lungo possibile», spiega Gloria Belotti, una dei medici del comitato. Non più ricovero, e in questa direzione qualche passo è già stato fatto, «ma ancora molto si può fare. Bisogna continuare nello sforzo di passare da un’assistenza di tipo custodialistico a una di tipo riabilitivo». Un centro geriatrico polivalente, capace di dare «risposte diversificate secondo le esigenze dell’utenza".
È il futuro del Gleno visto da chi ci lavora, di chi chiede tempo da donare, perché come diceva Francesco Maria Antonini, padre della geriatria italiana «nei rapporti tra giovani e vecchi l’unico dono possibile e necessario è il tempo disponibile».
DA L’ECO DI BERGAMO DEL 7/10/02

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