Hotel Rigopiano, dieci sopravvissuti
Il video del salvataggio di madre e bimbo

Le urla di gioia dei vigili del fuoco, sfiniti, sono il primo suono udito da una donna e dal suo bimbo, estratti vivi dall’hotel Rigopiano sommerso dalla neve.

Là sotto ci sono ancora almeno otto persone intrappolate nella zona cucine sotto un solaio. I numeri non sono certi, anzi sono in continua evoluzione così come le speranze alimentate dal lavoro immane svolto dai vigili del fuoco nelle ultime 40 ore. Per il momento sono stati estratti dalle macerie la moglie e il figlio di Giampiero Parete, il primo superstite della slavina. «Appena ci hanno visto erano felicissimi e non sono riuscite a parlare. Dagli occhi si capiva che erano sconvolti positivamente per averci visto» -, ha raccontato il vice brigadiere del soccorso alpino della Guardia di finanza Marco Bini. I soccorritori sono in contatto vocale con una donna e due bambino.

«Con le persone ancora da recuperare - spiega Luca Cari, responsabile della comunicazione in emergenza dei vigili del fuoco - siamo in contatto vocale. Sono all’interno di un vano, non facile da raggiungere». Il primo contatto con il gruppo dei superstiti c’è stato poco dopo le 11, grazie ai cani che li hanno individuati. Dall’esterno, infatti, non si sentivano voci: la struttura li ha protetti ma non permette di comunicare con l’esterno, anche a causa della neve che assorbe i suoni.

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Ci sono ancora almeno un paio di giorni di speranza di ritrovare superstiti nell’hotel Rigopiano, a patto che abbiano ossigeno a sufficienza e non abbiano riportato traumi particolarmente gravi o abbiano qualche malattia precedente che compromette le loro chance. Ne è convinto Mario Balzanelli, presidente eletto della Società Sistema 118, secondo cui la finestra temporale è ancora più ampia se i sopravvissuti hanno la possibilità di bere. “Una persona in buona salute, se ha la possibilità di ossigenarsi, può resistere in quelle condizioni anche 4-5 giorni - spiega Balzanelli -. Ancora di più se può bere. Questo è possibile perché in questi casi si creano delle compartimentazioni d’aria, degli spazi ristretti che comunque garantiscono la respirazione. Invece se ci sono dei traumi gravi o delle malattie pregresse, cardiache o respiratorie, le chance ovviamente diminuiscono».

Nel caso delle persone trovate questa mattina può aver influito anche il non essere da sole. «Un elemento fondamentale è la capacità di resistenza mentale - sottolinea l’esperto – che si rinforza fortemente quando ci si sente supportati dalla vicinanza e dalla condivisione del momento drammatico. Si innescano rinforzi volitivi in grado di stimolare a livello delle difese dell’organismo le migliori risposte antistress, potenziando sensibilmente le chance di esito favorevole». Ancora più del rischio di ipotermia, afferma Balzanelli, è proprio quello di traumi quello che compromette di più le possibilità di sopravvivenza. «Nella peggiore delle ipotesi ci si trova davanti a dei politraumi, cioè dei traumi che colpiscono contemporaneamente più organi, che producono instabilità delle funzioni vitali, con una compromissione severa delle possibilità di sopravvivenza. Se aggiungiamo a questo l’ipotermia ed eventualmente altre patologie preesistenti, soprattutto a livello cardiaco o respiratorio, è chiaro che si riducono in maniera esponenziale le possibilità».

Le operazioni sono coordinate dalla centrale di protezione civile allestita nel palazzetto dello sport di Penne. Sono oltre 200, tra vigili del fuoco, soccorso alpino, Guardia di finanza, carabinieri e Polizia di Stato, le persone impegnate nelle ricerche. Si opera con squadre di 30 per volta che si alternano in un lavoro sul posto molto delicato e condotto con estrema attenzione.

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