I tagli all’Università preoccupano Bergamo

Sono preoccupati all’Università di Bergamo per i tagli previsti dalla manovra finanziaria recentemente approvata dal governo. Dall’assemblea dello scorso 10 luglio che ha visto riuniti docenti e alunni per discutere sulla manovra è emersa «forte preoccupazione per le gravissime conseguenze del provvedimento in questione sulla ricerca e, in generale, sul sistema dell’Università pubblica del nostro paese». In particolare, sono tre gli aspetti analizzati dall’assemblea dei giorni scorsi. «Il taglio di 500 milioni di euro del Fondo di Finanziamento Ordinario per il triennio 2009-2011 - spiegano i partecipanti dell’assemblea -. Questo provvedimento assume il sapore di una beffa, quando segue gli innumerevoli discorsi tenuti sull’importanza della formazione e della ricerca per rilanciare la competitività del nostro paese». Inoltre forte preoccupazione deriva dal blocco del turn-over del personale docente e ricercatore nonché del personale tecnico ed amministrativo al 10% per il 2009 e al 20% per il 2010 e il 2011 che riaprirà la spirale dei contratti a tempo determinato per i giovani ricercatori e per gli impiegati. Terzo e ultimo aspetto riguarda la trasformazione, dal gennaio.2009, in scatti triennali degli scatti biennali relativi alla progressione economica delle retribuzioni dei docenti-ricercatori universitari.«Tutte e tre gli articoli fin qui elencati rispondono all’esigenza di drenare risorse a favore delle casse dello Stato - spiegano i partecipanti dell’assemblea -. Comprensibile visto l’andamento dei conti pubblici. Meno comprensibile, invece, che si sia individuata nell’Università la sorgente da cui prelevare denaro fresco perchè è una sorgente prosciugata già da parecchio tempo».Inoltre, desta molte preoccupazioni la facoltà di trasformazione delle Università in fondazioni di diritto privato. «Quest’ultimo punto introduce una possibilità subdola e molto pericolosa per il nostro sistema universitario - spiegano i partecipanti dell’assemblea -. Si inizia strangolando l’Università pubblica e condannandola ad abbassare la propria qualità, e, successivamente, con il pretesto della scarsezza dei fondi, si prepara la strada per svendere ai privati un patrimonio pubblico di inestimabile valore e farlo diventare l’ennesima occasione di business e profitto per pochi “amici”. Il rischio forte che si intravede è quello di far vincere il modello delle Università private che si sostengono con tasse universitarie assai elevate senza introdurre forme di aiuto per il diritto allo studio delle fasce più deboli»(14/07/2008)

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