Il papà ricorda le parole di Alessandro:
«Qui è pericoloso ma c’è più umanità»

Il papà, con gli occhi lucidi, si ricorda delle partite a tennis, della battuta tremenda del figlio. «Gli ho insegnato io a giocare, ma con me perdeva sempre».

Un misto di gioia e disperazione si disegnano sul volto di Giovanni Abati, il papà di Alessandro, consulente di Alzano Lombardo ucciso dai talebani a Kabul insieme alla sua promessa sposa. Aveva 47 anni, ne avrebbe compiuti 48 il 18 agosto, un mese esatto dopo il matrimonio con Aigerim Abdulayeva, la sua compagna kazaka di 27 anni. Avevano già prenotato il Casinò di San Pellegrino, doveva essere una grande festa. Invece....

Le ha mai detto di avere paura? «Alessandro ci diceva che lì era pericoloso, ma preferiva lavorare all’estero. Aveva imparato l’arabo e il russo, oltre all’inglese e al francese. In Italia è stato dodici anni a Roma al Cipe, al ministero dei Lavori pubblici, ma non gli piaceva. E mi diceva “papà, qui è pericoloso ma la gente è più solidale, si aiuta, è più buona”. Come era buono lui».

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