Il Vescovo chiude la 10.a assemblea diocesana «Voglia di cambiare le parrocchie? Spero di sì»

Mons. Amadei: «Ci si lamenta sempre dei troppi che non vengono in parrocchia. Chiediamoci: le nostre comunità tengono sempre conto dei ritmi incalzanti nella vita delle persone e del nostro tempo? Quali sono le scansioni dei problemi sul territorio? Spesso gli orari scelti per le nostre attività pastorali danno la convinzione a chi lavora di essere tagliato fuori dalla parrocchia».

«Verso il Sinodo, un tempo per discernere insieme» è questo il titolo della decima Assemblea diocesana conclusasi sotto la guida del vescovo monsignor Roberto Amadei all’auditorium del Seminario, alla presenza di 1.100 persone provenienti da tutti i vicariati diocesani e nelle vesti di moderatore del sociologo Dario Nicoli. «Il Sinodo diocesano non è il Quaderno in preparazione all’evento sinodale distribuito lo scorso anno. Sinodo - ha detto il vescovo - significa camminare insieme per chiedersi tutti insieme: guardando la nostra tradizione religiosa e la realtà delle nostre parrocchie, come compiere passi concreti per costruire il volto della nuova parrocchia? Il nostro compito di cristiani è renderci conto della realtà e dare suggerimenti. Non basta fare belle affermazioni, altrimenti è una presa in giro». Monsignor Amadei ha poi parlato della centralità dell’Eucaristia domenicale nella vita del cristiano e della comunità cristiana. «Bisogna dire no alle celebrazioni eucaristiche barocche, ma neppure devono scadere nello scialbo. Spesso, purtroppo, nelle nostre celebrazioni c’è scarsa attenzione e spesso sembrano peggio del Sentierone». In generale, si coglie un diffuso entusiasmo per l’evento sinodale.

«Spero che questo entusiasmo si mantenga anche nei prossimi anni. Indubbiamente, per alcune parrocchie sarà difficile riflettere su tutte le schede consegnate. Però, tutte le parrocchie possono e devono dare suggerimenti. Infatti, oltre che segno di amore alla Chiesa, il primo grande passo verso il Sinodo è renderci tutti consapevoli dei problemi». Il vescovo ha quindi ribadito che il programma pastorale del nuovo anno per le parrocchie si basa sulla riflessione sulle schede consegnate. «Siamo chiamati a pensare alla parrocchia, che è il noi dei cristiani. Siamo chiamati a costruire il volto della nuova parrocchia, che deve essere la casa di tutti e non soltanto di chi frequenta sempre, dei prediletti del parroco o del Consiglio Pastorale parrocchiale. Fare della parrocchia la casa di tutti è segno della missionarietà. Purtroppo, come è emerso nella visita pastorale, troppe parrocchie scambiano la missionarietà con i legami ai propri missionari e agli aiuti economici. Il significato vero di missionarietà è annunciare il Vangelo a tutti, vicini e lontani dalla parrocchia».

C’è voglia di cambiare? «Spero di sì. Tutte le riforme servono ad aiutare la parrocchia a svolgere la sua missione. Bisogna cambiare non tanto per il gusto dei cambiamenti, ma cambiare per essere fedeli al Signore. Se amiamo e serviamo veramente le nostre parrocchie e il territorio con il contributo specifico dei cristiani, bisogna introdurre cambiamenti per poter arrivare a ogni esperienza del vivere umano. Ci si lamenta sempre dei troppi che non vengono in parrocchia. Chiediamoci: le nostre comunità tengono sempre conto dei ritmi incalzanti nella vita delle persone e del nostro tempo? Quali sono le scansioni dei problemi sul territorio? Spesso gli orari scelti per le nostre attività pastorali danno la convinzione a chi lavora di essere tagliato fuori dalla parrocchia. Inoltre, il Consiglio Pasorale parrocchiale è sì il cuore delle attività, ma non deve essere un circolo chiuso, ma allargare il suo raggio d¹azione ad altri collaboratori».

(17/09/2005)

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