Influenza suina, nessun problema
Inutile fare allarmismi insensati

«Relativamente alla diffusione dell’influenza suina è importante prevenire inutili allarmismi per evitare che timori ingiustificati si traducano, senza ragione, in danni economici per i nostri allevamenti, che stanno facendo il massimo per assicurare ai consumatori prodotti garantiti dal punto di vista sanitario e qualitativo». Così il presidente della Coldiretti bergamasca Giancarlo Colombi commenta la situazione che si è venuta a creare in seguito alla diffusone del nuovo visru che in Mesico ha già causato centinaia di vittime, sottolineando che non c’è «nessun caso di animale infetto nei cinquemila allevamenti italiani».

«È importante che si comprenda – ribadisce Donatello Merigo, vicepresidente della sezione suini dell’Associazione provinciale allevatori di Bergamo – che un ingiustificato calo dei consumi della carni suine Made in Italy comporterebbe danni enormi agli allevamenti, già alle prese con una crisi strutturale di settore, e ne pregiudicherebbe seriamente la loro sopravvivenza. Se si verificasse una situazione di questo genere vorrebbe dire aprire le porte a prodotti che la nostra agricoltura non riesce più a produrre e ritrovarsi nel piatto alimenti dall’origine incerta».

In provincia di Bergamo gli allevamenti suini sono circa un centinaio per un totale di quasi 400.000 capi allevati. La Coldiretti e l’Associazione provinciale allevatori ricordano che «le paure infondate che nel passato, per situazioni analoghe, hanno provocato senza ragione una psicosi nei consumi sono costate migliaia di posti di lavoro e miliardi di euro al sistema produttivo, con perdite stimate di 2 miliardi per la mucca pazza (2001) e di mezzo miliardo per il pollame con l'aviaria (2005)».

Secondo le due associazioni, il fatto che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) abbia confermato che è sicuro il consumo di carne suina e che gli allevamenti italiani siano sotto il controllo della più estesa rete di veterinari a livello comunitario sono «ragioni in più per non farsi influenzare da paure infondate. A garanzia dei produttori e dei consumatori - conclude Colombi - bisogna fare tesoro dell’esperienza delle crisi del passato che hanno portato all'obbligo di etichettatura per il pollame e la carne bovina, dimostrando che la trasparenza dell'informazione e la rintracciabilità in etichetta oggi sono più che mai necessarie. Avere la possibilità di conoscere l’origine degli alimenti che consumiamo è di fondamentale importanza, visto il moltiplicarsi di emergenze sanitarie che si diffondono rapidamente in tutto il mondo per effetto degli scambi, come nel caso del latte alla melamina proveniente dalla Cina, la carne di maiale alla diossina dell’Irlanda o l'olio di girasole dall'Ucraina».

Anche la Regione Lombardia ritiene la situazione sotto controllo e ha già «attivato tutte le misure previste dal proprio Piano pandemico regionale, varato nel 2006 sulla base delle direttive ministeriali, che contiene una serie di indicazioni organizzative e operative per le strutture sanitarie e comunque per tutte le situazioni che coinvolgono i cittadini».

La Direzione generale della Sanità di Regione Lombardia ha inoltre convocato per il Comitato pandemico regionale, costituito da esperti in campo infettivologico, virologico e veterinario, per fare il punto della situazione e fornire eventualmente ulteriori indicazioni.

«La Lombardia è comunque già dotata di tutti i sistemi di sorveglianza e controllo adeguati e in grado di evidenziare e gestire eventuali casi di malattia - spiegano dalla Regione -. Sono satti quindi trasmessi alle Asl e alle Aziende ospedaliere le comunicazioni pervenute dal Ministero, richiamando all'applicazione dei rispettivi piani locali adottati da parte della Regione Lombardia a partire dal 2006». La Direzione generale Sanità raccomanda, comunque, a fronte di informazioni ancora lacunose di evitare la diffusione di indicazioni scorrette o che ingenerino comportamenti inadeguati come la restrizione nel consumo di alimenti (il virus si trasmette per via aerea), il ricorso indiscriminato a test diagnostici e cure e terapie inappropriate.

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