La Farnesina: uccisi due italiani in Libia
«Usati come scudi umani dai jihadisti»

Secondo la Farnesina due dei tecnici italiani della Bonatti rapiti a luglio in Libia, sarebbero stati uccisi in una sparatoria nei pressi di Sabrata.

Due italiani sono stati uccisi in Libia nella sparatoria avvenuta mercoledì nella città di Sabrata, durante uno scontro a fuoco fra le forze di sicurezza e i jihadisti dell’Isis. A darne notizia la Farnesina in una nota.

«Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella città di Sabrata in Libia, apparentemente riconducibili a occidentali, la Farnesina informa che da tali immagini e tuttora in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni “Bonatti”, rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. Sono in corso verifiche rese difficili dalla non disponibilità dei corpi».

Nel corso del conflitto a fuoco sono rimasti uccisi almeno sette miliziani islamici, morti anche una donna e un bambino. Un testimone libico, interpellato dall’Ansa, riferisce che i due italiani sarebbero «stati usati come scudi umani» dai jihadisti.

Salvatore Failla e Fausto Piano, sequestrati nel luglio 2015 e uccisi oggi in Libia, secondo quanto si apprende da ambienti giudiziari, erano stati separati dagli altri due dipendenti della Bonatti sequestrati, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo. Dopo il sequestro dei quattro italiani la procura di Roma aprì un fascicolo per sequestro di persona con finalità di terrorismo.

Fausto Piano, 61 anni, di Capoterra in Sardegna, sposato e padre di tre figli, lavorava alla Bonatti dal 1991. Pochi giorni dopo il suo rapimento proprio nel paese sardo era stata organizzata una fiaccolata per chiederne la liberazione. Salvatore Failla, 47 anni, originario di Carlentini, nel siracusano, padre di due ragazze di 22 e 12 anni, era in Libia da tre anni. I due erano stati sequestrati lo scorso 20 luglio, nella zona di Mellitah, a 60 chilometri da Tripoli, insieme a Gino Tullicardo e Filippo Calcagno, che sarebbero ancora nelle mani dei sequestratori. Le dinamiche del rapimento non erano mai state chiarite, e non era mai arrivata una rivendicazione ufficiale.

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