La politica dà l’addio a Pannella
Il leader radicale aveva 86 anni

Malato da tempo, si è spento nelle prime ore del pomeriggio. Una vita tra battaglie civili e referendum.

È morto Marco Pannella. Il leader radicale, 86 anni, era ammalato da tempo di tumore e da mercoledì 18 maggio era stato ricoverato in ospedale. Pannella non era un uomo che amava le mezze misure. La sua stella polare non era la prudenza. Capopartito, guru, difensore degli emarginati, censore della partitocrazia e politico navigato, alfiere dei diritti individuali e inventore della disobbedienza civile: Pannella è stato tutte queste cose e molte altre ancora. Uno capace di attirare tra i radicali i giovani contestatori degli anni settanta e poi, vent’anni dopo, di allearsi con Berlusconi.

Ma nessuno direbbe che è stato un voltagabbana. Per lui l’importante era far vincere le sue idee. Certo non è stato un politico convenzionale. Era lui il «signor Hood» di una canzone che gli aveva dedicato Francesco De Gregori: «Con due pistole caricate a salve e un canestro pieno di parole». Con la sua ars oratoria (al limite della logorrea) ipnotizzava chi lo ascoltava. Ma era con la forza del suo corpo che lanciava le idee radicali fuori dal recinto della politica, per farle viaggiare lontano. Cominciò da subito a usare le armi del pacifismo del Mahatma: nel 1968, al momento dell’invasione della Cecoslovacchia da parte dei sovietici, era all’est, in Bulgaria: avuta la notizia dell’arrivo dei carri armati a Praga inscenò una protesta solitaria, alzando cartelli e gridando slogan contro i sovietici. Le guardie bulgare lo ammanettarono e lo portarono in prigione chiedendosi chi fosse quel giovane con il naso aquilino che urlava ai passanti. Era solo il primo di centinaia di happening: disobbedienza civile, arresti, digiuni (in «radicalese» Satyagraha) maratone oratorie, imbavagliamenti: tutto pur di far arrivare il messaggio. Con lui alla guida il partito radicale cessa di essere il circolo snob degli intellettuali eredi del laicismo ottocentesco e si trasforma in una macchina per la diffusione del verbo pannelliano.

Pannella è liberale, crociano, anticomunista, e i gruppuscoli dell’estrema sinistra mandano in giro la voce che sia finanziato dalla Cia e dal Mossad. Ma il punto di svolta arriva nel 1973 con la vittoria del no all’abrogazione del divorzio. E allora giù una raffica di referendum: in 40 anni di Pannella ne chiede 117, raccogliendo più di 60 milioni di firme: 47 vengono votati, e 35 volte gli italiani fanno vincere il sì. Poi gli italiani si stufarono e cominciarono a disertare le urne. E allora Pannella punta tutto sul «ricatto» degli scioperi della fame e della sete e apre altri fronti: provvedimenti di clemenza per svuotare le carceri sovraffollate, lotta alla fame nel mondo, moratoria della pena di morte. Temi su cui aveva il monopolio. Era laico e anticlericale, ma per questo suo impegno si guadagnò l’apprezzamento di Papa Francesco: gli telefonò durante uno degli ultimi digiuni, cominciato quando era già stato colpito dalla malattia, e gli chiese di non andare fino in fondo.

A Pannella si deve anche l’arrivo dell’ostruzionismo parlamentare. Alla guida della sua pattuglia di sette deputati, nel 1976 Pannella cominciò a sabotare riti e certezze della malapolitica a colpi di discorsi chilometri, anche sette - otto ore in piedi davanti al microfono per impedire l’approvazione delle leggi «liberticide». Non si fermava davanti a niente. Nemmeno di fronte al rischio di non essere capito. Negli ultimi anni è circolata l’idea di assegnargli il seggio di senatore a vita, come riconoscimento. Lui era perplesso, ma in fondo avrebbe gradito. Ma i vari inquilini del Colle gli hanno sempre preferito altri. Così Pannella è restato uno dei pochi uomini politici con molte vittorie all’attivo ma nessuna poltrona.

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