«Do you speak english?»
In città ai turisti si parla a gesti

Qualche parola in inglese accademico buttata lì a casaccio, risposte in italiano corredate da una buona mimica ed ecco fatto e finito il pacchetto turistico di Bergamo, pronta a ricevere gli stranieri in città. Con qualche eccezione, per le strade del centro, l’accoglienza linguistica dei bergamaschi è pressoché scarsa. Due le varianti: c’è chi subito mette le mani avanti e dichiara sinceramente di non capire una parola e chi tenta il tutto e per tutto e si arrabatta mischiando quel poco di inglese imparato (e subito dimenticato) a scuola con qualche parola italiana e tanta gestualità. Con un giovane inglese madrelingua abbiamo cercato allora di capire quanto Bergamo sia pronta a ricevere il turismo straniero che con la vicinanza di Orio si fa sempre più vicino. Davide Tien, inglese 23enne, ha vestito per una mattina i panni del turista: «Bergamo la conosco bene e sono circa due anni che ci vivo – racconta –: lavoro in Università e ricordo bene i miei primi tempi da "straniero"». Ora l’italiano lo parla perfettamente ma per una mattina se ne dimentica e ritorna a parlare esclusivamente inglese.VIDEO urismo.wmvIN STAZIONE TRA MALUMORI E BIGLIETTIPrima tappa obbligata è la stazione ferroviaria. Al primo tentativo Davide non è molto fortunato e si imbatte in una dipendente Fs che l’inglese non lo mastica proprio né tenta in qualche modo di capire cosa Davide chiede. «Scocciata, ha cercato di indirizzarmi alle biglietterie automatiche – spiega il giovane –, ma io chiedevo solo informazioni sui prezzi per la tratta Bergamo-Roma». Il secondo tentativo va meglio anche se il bigliettaio al posto di «Roma» capisce «Verona». Dopo qualche minuto e ulteriori spiegazioni in un inglese parlato lentamente il dipendente Fs intende cosa Davide domanda ma non è in grado di «spiccare» neppure un parola in inglese. «Continuava a parlarmi in italiano, però con buona volontà ha fatto di tutto per spiegarsi e, munito di foglio e penna, mi ha scritto tariffe e orari». L’APT «SPICCA» INGLESE, ANCHE L’ATB POINT. MA GLI AUTISTI MENO…Va molto meglio e si può tirare un sospiro di sollievo nell’ufficio turistico posizionato nei pressi di piazzale Marconi: inglese perfetto, ottima l’accoglienza. Situazione simile nell’Atb Point ai Propilei, con tanto di cartelli e informazioni in lingua inglese. Le difficoltà arrivano invece con gli autisti. «Al classico "Do you speak english?" c’è chi rimane interdetto e chi con la mano fa capire che la conoscenza è poca – continua Davide –. A quel punto, alla richiesta di quale pullman porti in Città Alta, l’autista fermato capta solo il termine "Città Alta" nella frase e con la mano mi segnala il numero 1». Meglio di niente: voto 5 per l’inglese, ci lasciamo andare a un 10 per averci provato con un linguaggio non verbale ma almeno in questo caso esaustivo. LA POLIZIA LOCALE PUNTA SULLA GESTUALITA’E se poi per capire dove si trova la fermata dell’autobus che porta in Città Alta si dovrebbe tornare all’Atb Point, Davide, sempre nei panni del turista, opta per una passeggiata a piedi verso la Bergamo antica. Da qui la scelta di chiedere indicazioni sul tragitto a due agenti della polizia locale posizionati in viale Papa Giovanni. «So and so» è la risposta di uno dei due agenti alla domanda se parlano inglese. A quel punto il vigile capisce la richiesta d’informazione ma la risposta che arriva a Davide è in italiano, corredata però da chiare indicazioni gestuali. «Sempre dritto, diritto, vai diritto e arrivi in Città Alta» dice l’agente e al turista non resta che capire dallo sbracciarsi efficace del poliziotto che ha vita semplice: se ci fossero state svolte, cambi di direzioni e qualche incrocio strategico da segnalare sarebbe stato un gran problema per Davide raggiungere la destinazione.NIENTE DA FARE IN EDICOLA Proprio per questo motivo una cartina della città potrebbe essere un valido aiuto. Peccato però che l’edicolante spiazza il turista. «Do you speak english» gli domanda Davide. Un secco no è la risposta, ma l’inglese ci riprova: «Do you have a map of Bergamo?», sperando nell’assonanza tra le parole «map» e «mappa». «No» è la seconda e definitiva risposta che fa desistere il nostro «finto turista». COMMERCIANTI PIU’ ABITUATI: AL BAR E NEI NEGOZI CI SI CAPISCENon ci resta a questo punto che fare una pausa caffè in un bar. In viale Papa Giovanni è un via vai di turisti e alla barista pare naturale chiedere a Davide se il caffè lo vuole americano o espresso. L’abitudine avvantaggia e ne sono la prova anche i cartelli fuori da alcuni bar e ristoranti del centro - ma ancora non tantissimi - dove il menù è in lingua inglese e francese. Non è il caso del locale dove Davide fa una sosta e il nostro turista chiede allora indicazioni sulla lista dei piatti per il pranzo. «Lunch?» domanda stranita una seconda cameriera. Davide le viene incontro e traduce «pranzo». La risposta arriva però in italiano, come se fosse naturale per un inglese capire: «Ah, il pranzo? Si, si, qui si mangia anche a pranzo: piatti caldi, panini, toast», con tanto di menù sempre in italiano che la signora solerte porge al giovane straniero. Non resta che rassegnarsi e darsi allo shopping: eccoci allora in un negozio che vende camicie e cravatte in viale Papa Giovanni. Il responsabile capta subito le richieste in inglese e risponde con buona padronanza della lingua. Poi, svelato il test, il venditore commenta: «I turisti sono tanti e sono una risorsa anche dal punto di vista commerciale. Poi, quando non ci si capisce, il linguaggio dei gesti dà sempre una mano in più». A Bergamo, però, l’eccezione sembra essere diventata la regola.Fabiana Tinaglia(30/12/2008)

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