Leitner e Radosta arrestati in Marocco Una fuga di due mesi mesi dopo l’evasione

Dopo circa due mesi e mezzo di latitanza, sono stati arrestati in Marocco l’altoatesino Max Leitner, già conosciuto come il re delle evasioni (in passato era riuscito ad andarsene da una prigione austriaca, da Bolzano e da Padova), e il siciliano Emanuele Radosta, figlio di un presunto boss assassinato nel 1991 e originario di Villafranca Sicula. Lo ha confermato il procuratore capo di Bolzano Cuno Tarfusser. Max Leitner e Emanuele Radosta sono stati arrestati ieri sera a Rabat, la capitale del Marocco, in una operazione congiunta delle forze dell’ordine locali e degli inquirenti altoatesini. Hanno tentato di esibire passaporti falsi ma sono stati identificati e arrestati. I due erano evasi il 15 ottobre scorso dal carcere di Bergamo. L’evasione, consumata intorno alle 2, era stata progettata in grande stile e portata a termine senza destare il minimo sospetto, tanto che l’allarme era stato lanciato solo intorno alle 10 del mattino. Complice della fuga un assistente della polizia penitenziaria, che poi aveva confessato le sue responsabilità in Procura ed era stato denunciato per procurata evasione e corruzione. L’agente si era poi dimesso dal corpo di polizia. Al momento non si sono appresi i dettagli dell’arresto degli evasi. Max Leitner, 45 anni, altoatesino, originario di Bressanone, considerato un vero e proprio boss delle rapine; era stato associato alla casa di via Gleno da un anno e deve scontare la condanna fino al 2012. È ritenuto estremamente pericoloso, con alle spalle assalti, sparatorie e ben tre evasioni (questa è la quarta). Per gli investigatori è lui la mente della fuga.

Il più giovane, Emanuele Radosta, 32 anni, siciliano si trovava in carcere a Bergamo dal 2000. È stato condannato per due omicidi di mafia consumati negli anni ’90 a Villafranca Sicula (Agrigento) e deve scontare la pena in carcere fino al 2054. Entrambi erano rinchiusi nella sezione più sorvegliata della Casa circondariale, la sesta, dove sono detenuti i condannati con pene definitive ritenuti più pericolosi o che hanno compiuto i reati più gravi. Nel corso della latitanza, Leitner si era fatto vivo con uno scritto al giornale di Bolzano Tageszeitung: «Il secondino non c’entra, è soltanto un peone e per la mia fuga ci sono state protezioni dall’alto», aveva scritto l’evaso.

(30/12/2004)

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