L’Università di Bergamo fra le migliori d’Italia

Bergamo «capitale» della cultura italiana? Un azzardo, ovviamente, ma i risultati della «Grande guida all’Università» elaborata dal Censis sembrano rendere possibile il sogno, visto che tre delle quattro Facoltà dell’ateneo bergamasco prese in esame dal Centro studi investimenti sociali occupano posizioni di assoluto rilievo: Lingue straniere è al secondo posto, preceduta solo dall’Università di Udine (nel 2003 era 6ª), Ingegneria è al quarto, dietro a Trento e ai Politecnici di Milano e Torino (nel 2003 era 10ª e nel 2000 35ª), Economia è all’undicesimo in una classifica guidata da Roma Tor Vergata (nel 2002 era 15ª e nel 2000 24ª). Niente «esami», invece, per la Facoltà di Lettere, il cui «ciclo produttivo» non è ancora stato completato.

«Un successo in larga parte inaspettato - commenta il rettore Alberto Castoldi - anche se si vedeva che la crescita, pur in presenza di fondi inadeguati, era costante e interessava tutti i settori dell’università. Di sicuro è un dato incoraggiante, soprattutto perché, da un paio d’anni, si sostiene che l’Università di Bergamo cresce in quantità ma non in qualità: questa mi sembra la risposta migliore ai dubbi e alle perplessità. I parametri presi in esame possono essere discutibili, ma sono uguali per tutti: quante sono le Università italiane che hanno tre loro Facoltà nei primi undici posti della classifica?».

In pochi anni, l’ateneo di Bergamo ha portato da due a dieci i Dottorati di ricerca (il punto più elevato del corso di studi universitari), mentre quattro docenti della «Normale» di Pisa oggi insegnano a Bergamo, così come cinque docenti della «Bocconi».Ora Castoldi vuole rafforzare Economia: «Si tratta di coordinare meglio alcuni aspetti. Stiamo pensando ad una "business school", ma dobbiamo trovare maggior sinergia interna. Sono tutti docenti di alto livello, ma abituati a fare i solisti: occupano posizioni di rilievo in banche e istituzioni prestigiose, sarebbe bello farli lavorare tutti insieme anche per l’ateneo. Io non demordo».

(19/06/2004)

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