Maxi truffa online: sgominata banda
Scoperti dalla Polizia 50 siti pericolosi

Quasi tremila transazioni illecite, 49 siti pericolosi, 350 denunce presentate, un milione di euro di beni sequestrati. Sono i numeri dell’inchiesta condotta dalla Polizia di Milano che ha arrestato dieci truffatori di origine rumena.

Le indagini sono scattate in seguito alla denuncia presentata da una delle vittime che non si è vista recapitare un iPad ordinato online. Gli investigatori hanno scoperto che il gruppo agiva attraverso 49 portali fittizi e un collegamento costante tra l’Italia e la Romania, dove sono state eseguite tutte le operazioni informatiche più complesse. I clienti compravano sui siti fornendo tutti i dati sensibili legati alle carte di credito mediante l’apposito modulo di pagamento. Clonando le carte, i malviventi riuscivano poi a prelevare i soldi da bancomat sparsi in tutto il Nord Italia. I capi dell’organizzazione, creatori del meccanismo, sono in Romania: due sono latitanti, uno è stato arrestato lunedì mentre dava un esame in università, in materie informatiche (nelle quali sicuramente eccelle). Ma non tutti i membri della banda erano bravi hacker, anzi: i capi «mandanti» erano personaggi rozzi e ignoranti di informatica, che assoldavano i «nerd» per le truffe.

Dei 7 romeni destinatari dell’ordine di custodia cautelare emesso dal gip Maria Cristina Mannocci, arrestati in Italia, due si trovavano già in carcere, uno a Monza e uno a Vercelli. I restanti sono stati messi in manette a Erba (Como), in provincia di Pistoia e in Veneto. I referenti in Italia erano due coppie, una incensurata e una con piccoli precedenti, entrambe residenti nel Comasco. Durante le operazioni di arresto è stato eseguito anche il sequestro di vari beni immobili e non, tra cui pc, macchine, televisori e cellulari. Nel comunicare tra loro, come la Polizia Postale ha appreso dalle intercettazioni telefoniche e telematiche, i romeni arrestati usavano un linguaggio criptato. «Prendiamoci un caffè» detto al cellulare, ad esempio, significava trovarsi in rete dove i truffatori presumevano di essere meno intercettabili

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