Monumenti a Bergamo Non se ne fanno più

Dopo quello al partigiano, capolavoro di Giacomo Manzù installato in pieno centro cittadino, e inaugurato nel 1977, Bergamo non ha più voluto, non ha più saputo erigere un monumento altrettanto importante. La grande stagione dei monumenti è legata all’Ottocento e arriva ai primi del Novecento. I capisaldi restano il Garibaldi della Rotonda dei Mille, il Vittorio Emanuele davanti al Palazzo Uffici dell’amministrazione comunale, il Donizetti «dentro» il laghetto dei cigni, accanto al teatro. E poi il «monumento-fontana» ad Antonio Locatelli. Il Partigiano del Manzù è pur sempre l’ultimo monumento degno di questo nome che Bergamo ha realizzato. Dopo di lui, il deserto. Almeno in città, se escludiamo qualche caso che però resta abbastanza isolato e stenta ad entrare nella memoria collettiva (per esempio il monumento al bersagliere in piazza Risorgimento, o quello all’alpino sul viale Papa Giovanni, nei giardini di fronte all’Istituto tecnico commerciale Vittorio Emanuele II), difficile trovare esempi davvero validi. Ma perché a Bergamo non si fanno più monumenti? Forse perché - provoca qualcuno - non se ne sente la mancanza. O forse perché arte e urbanistica non si conciliano. Almeno qui.

Sull’Eco di Bergamo del 27 aprile due pagine dedicate all’argomento

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