Nullità nozze, la Chiesa cambia
Sarà il vescovo a decidere

Dopo più di un secolo, il Pontefice ha stabilito un iter abbreviato in presenza di «evidenti motivi» tra i quali la mancanza di fede. E i processi saranno gratis .

La terza riforma del processo matrimoniale canonico, dopo quelle di Benedetto XIV nel 1741 e di Pio X nel 1908, andrà in vigore a partire dall’8 dicembre prossimo, data di inizio dell’Anno santo della misericordia. Prevede un processo ordinario più spedito, un anno al massimo, e l’abolizione della doppia sentenza conforme al primo grado.

Bergoglio nei due «motu proprio» presentati, uno per la Chiesa latina, l’altro per le Chiese orientali, ha previsto che «sia sufficiente la certezza morale raggiunta dal primo giudice». La novità è l’introduzione del processo breve, quando si è in presenza di evidenti motivi di nullità. Qui il giudice è il vescovo che si serve per l’accertamento dei fatti di «due assessori» e poi decide. Questo processo sostituisce quello documentale quando gli argomenti sono «particolarmente evidenti». Tra essi è prevista la «mancanza di fede». In sostanza le nuove norme indicano che perché il sacramento sia valido occorre la fede.

Il problema è stato posto in più occasioni, anche all’ultimo Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia. Già il cardinale Ratzinger nell’introduzione all’Istruzione della dottrina della fede sulla pastorale dei divorziati risposati del 1998 aveva osservato che «si dovrebbe chiarire se veramente ogni matrimonio cristiano tra due battezzati è ipso facto un matrimonio sacramento». E Bergoglio ha più volte ripreso la riflessione del suo predecessore. Ora il tema entra tra quelli considerati «più evidenti» per dichiarare un matrimonio nullo nella formula del processo breve, per il quale è previsto un tempo massimo di 45 giorni.

Le altre novità riguardano sempre la durata del processo. Una sentenza affermativa di nullità che non viene appellata, diventa immediatamente esecutiva. Un appello, se manca di argomenti e viene fatto solo per perdere tempo e nuocere alla controparte, può essere respinto.

È il Papa che ammonisce: «Non si indulga a qualunque lassismo». C’è la possibilità di scegliere da parte del vescovo diocesano, quando non sia egli stesso giudice, un giudice unico (monocratico) al posto di un collegio giudicante, che dovrà essere necessariamente un sacerdote. Un collegio invece può essere formato anche da laici, ma presieduto da un prete. Nel processo breve, dove il giudice è il vescovo, si può sempre presentare appello. Così come si possono sempre presentare appelli alle istanze superiori della Santa Sede, anche se la riforma tende a limitare il più possibile tali casi.

Il Papa auspica anche che si arrivi alla gratuità delle cause, salvaguardando comunque una «giusta e dignitosa retribuzione agli operatori dei tribunali».

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