Pianetti, cent’anni dopo la condanna
per la giustizia è ancora da catturare

Il processo venne celebrato il 24 maggio 1915, proprio il giorno in cui l’Italia dichiarava guerra all’Austria. La sentenza, quindi, passò un po’ sotto silenzio rispetto alla vasta eco che ebbe, sui giornali nazionali e internazionali, la strage causa della condanna.

Il 13 luglio 1914, il mugnaio Simone Pianetti di Camerata Cornello uccise nel suo paese e nel vicino San Giovanni Bianco, sette persone, tra cui il parroco e il medico, vendicandosi di una serie di torti.

Subito dopo si diede alla fuga in Val Taleggio, aiutato da parte del popolo e forse anche dalle autorità. Riuscì sempre a farla franca ed emigrò in America. Secondo i familiari più stretti si suicidò o forse morì presso il figlio Nino nel 1952, a Milano. Sta di fatto che il suo corpo non è mai stato rinvenuto e nessuno ne ha mai dichiarato neppure la morte presunta.

Nel corso di un secolo la sua figura è diventata quasi leggendaria, spesso appaiata a quella del Robin Hood brembano, Pacì Paciana. Il processo di un secolo fa in Corte d’Assise a Bergamo si tenne con Pianetti in contumacia. Il giorno dopo, il 25 maggio, alle 9, il killer veniva condannato all’ergastolo e subito veniva emesso un nuovo ordine di cattura (su di lui pendeva già una taglia di 5.000 lire). Ma quella condanna non è mai diventata definitiva e l’ordine di cattura è tuttora in vigore.

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