Quando l’assistenza è in famiglia
Bergamo, in 20 mila curano pazienti

Si prendono cura di un figlio, del coniuge o di un genitore, fornendo assistenza, a volte giorno e notte, per anni o anche tutta la vita. È un lavoro di cura, prezioso per il bene del malato e della famiglia, ma stressante dal punto di vista fisico ed emotivo per chi ha in carico questo impegno.

Sono i «caregiver», una figura molto diffusa nella provincia bergamasca: l’Asl di Bergamo ipotizza che siano almeno 20 mila persone che hanno trasformato la propria esistenza, a volte anche abbandonando l’occupazione e la vita sociale, per dedicarla al malato.

Una cifra solo stimata (considerato che nella Bergamasca ci sono 50 mila persone con una qualche forma di disabilità, 10 mila colpiti da Alzheimer, 3 mila da disabilità grave e 8 mila rientrano nel servizio di Adi, assistenza domiciliare integrata) perché per ora non c’è modo di monitorare il fenomeno.

A questi «assistenti familiari» è stato dedicato il convegno «Chi è il caregiver oggi» organizzato dall’Azienda sanitaria locale che ha evidenziato una serie di proposte per fornire un maggior sostegno: «Il ruolo del caregiver è fondamentale nella filiera dell’assistenza - commenta il direttore generale dell’Asl di Bergamo, Mara Azzi - perché arrivano dove le istituzioni non ce la fanno. Senza di loro, il progetto di assistenza di ogni paziente fragile sarebbe monco».

Nonostante questo valore, al momento il caregiver spesso non trova un aiuto pratico. L’Asl, perciò, ha avviato un percorso affinché «le istituzioni forniscano un punto di riferimento perché spesso deve gestire, in solitudine, momenti di difficoltà da solo, per esempio, nella somministrazione dei farmaci, nell’utilizzo di dispositivi medici o nel far fronte a crisi in caso di pazienti con forme di demenza».

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