Raddoppio Bergamo-Treviglio, una storia infinita

Il raddoppio del binario tra Bergamo e Treviglio è un sogno rimasto tale per tante generazioni di bergamaschi. Il binario in questione rimase solo, da quando, come recitano le cronache degli anni ’50, «nel 1878 fu inconsultamente estirpato». Quella del raddoppio è una storia tormentata, fatta di tante tappe. Ne abbiamo scelta una, emblematica, datata novembre 1980. È la data riportata dalla prima proposta avanzata dai pendolari bergamaschi - all’epoca il loro gruppo si chiamava «Comitato per l’esame dei problemi dei trasporti ferroviari fra Bergamo e Milano» - sul raddoppio della Bergamo-Treviglio. Un allarme che partiva dalla «base» dell’utenza ferroviaria che segnalava l’inefficienza di un servizio che per coprire 100 chilometri ferrati li costringeva a spendere ogni giorno tre ore e mezza del loro tempo. Così, nel mese della protesta dei pendolari qualcuno ha ritirato fuori dai cassetti quel documento impolverato, lanciato vent’anni fa come un sasso nel grande stagno delle Ferrovie dello Stato. La proposta prevedeva un impegno di spesa di circa 6 miliardi e mezzo. Adesso, quei miliardi sono diventati un centinaio, su per giù. In euro, fanno circa 50 milioni, che secondo le ultime notizie verranno finalmente spese.

Il documento dell’80, si apriva con un avvertimento: «Le considerazioni seguenti sono dettate da una situazione di disagio, ormai insostenibile, che la città e la provincia di Bergamo stanno subendo a causa del progressivo deteriorarsi dei servizi ferroviari tra Bergamo e Milano». I pendolari citano poi una lettera inviata dal ministro dei Trasporti dell’epoca, Luigi Preti, al presidente della Provincia, in quegli anni Severino Citaristi. «Desidero per prima cosa confermarle - scriveva Preti - che il raddoppio della Bergamo-Treviglio ed il quadruplicamento della Treviglio-Milano sono compresi fra i provvedimenti che le FF.SS. intendono realizzare per un miglior espletamento dei servizi pendolari da e per Milano». Con una postilla da non dimenticare: la lettera di Preti a Citaristi non è datata 1980, ma 1974, per la precisione 5 ottobre. Ventisette anni fa, più spiccioli. Torniamo ai pendolari. Nel documento - che dunque già scontava sei anni di attese - si segnalava che «è incomprensibile come a tutt’oggi, nonostante il sollecito dell’Amministrazione provinciale e le interpellanze di alcuni parlamentari bergamaschi, la Direzione compartimentale di Milano non abbia ancora dato corso agli stessi provvedimenti proposti per la Bergamo-Treviglio dal ministro Preti, fin dal lontano 1974».

Spiegavano i pendolari nel documento del 1980: «da Bergamo a Milano si hanno tempi di percorrenza altissimi, a cui si aggiungono ritardi pressoché sistematici». E c’è di più: «L’accesso a Milano attraverso le vie camionabili è sempre più difficile, a causa del traffico automobilistico ogni giorno più caotico e sempre più proibitivo a causa dei costi d’esercizio delle automobili. L’accesso per via autostradale - continuavano i pendolari bergamaschi - è quasi impossibile negli orari di punta, a causa delle interminabili code in uscita verso Milano, con perdite di tempo sempre maggiori». Insomma: il binario uno era e uno è rimasto. Le corsie dell’A4 tre erano e tre sono rimaste. Così come, praticamente speculari, sono rimaste le lamentele dei pendolari bergamaschi che però ora vedono, la fine del tunnel.

(11/06/03)

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