Se si vive nella città metropolitane
maggiore rischio di obesità e diabete

Quattro italiani su dieci (37%) risiedono nelle città metropolitane, e per loro il rischio del sovrappeso e delle malattie collegate, come il diabete, è anche
più alto.

Per mettere a punto strategie di prevenzione è stato presentato lunedì 11 luglio, a Roma, il Manifesto «La salute nelle città: bene comune». Messo a punto da un comitato di esperti presieduto dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, il manifesto mira a «migliorare la qualità dell’ambiente urbano» e a rendere le città «promotrici di salute», attraverso l’integrazione e la promozione di iniziative culturali, sociali e sanitarie.

Cento anni fa solo il 20% della popolazione mondiale viveva in città. Per la metà del secolo arriveremo al 70% di residenti nelle aree urbane. «Cambiano le abitudini, i lavori sono sempre più sedentari, l’attività fisica diminuisce». La conseguenza è una «crescita esponenziale del numero di persone obese o con diabete tanto che «già oggi 250 milioni di persone con diabete vivono nelle città», ricorda Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun) e coordinatore del Think Tank che ha messo a punto il manifesto.

«Se le città sono pianificate, ben organizzate e amministrate coscientemente, si può dare vita a una sinergia tra Istituzioni, cittadini e professionisti in grado di migliorare le condizioni di salute della popolazione. È necessario pensare a diverse questioni, che però non devono essere di carattere emergenziale, come avviene ad esempio per il traffico. Per ciò che riguarda la mobilità, dobbiamo evitare che se ne discuta solo quando abbiamo le polveri particolarmente alte e dobbiamo intervenire con metodi come le targhe alterne. Determinate questioni dobbiamo affrontarle in maniera preventiva», dichiara Enzo Bianco, sindaco di Catania e presidente del Consiglio nazionale Anci, a cui martedì 12 luglio verrà presentato il documento.

La stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms), conclude Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Tor Vergata a Roma, «ha coniato il termine healthy city, che descrive una città conscia dell’importanza della salute come bene collettivo e che, di conseguenza, mette in atto politiche sociali, culturali ed economiche chiare per tutelarla».

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