Telgate, il «baby boom» degli immigrati

I bambini fino a tre anni nati da cittadini stranieri rappresentano il 20 per cento del totale

È il paese della provincia con la maggior concentrazione di persone immigrate: su 4.361 abitanti, ben 585 vengono da Paesi stranieri, ovvero più del dodici per cento della popolazione. Gli immigrati di Telgate, da soli, costituirebbero un paese come Songavazzo, come Olmo al Brembo, come tanti altri della provincia di Bergamo. Una realtà complessa, difficile, per certi versi stimolante. Una realtà di cui si parlerà questo pomeriggio nel corso del convegno «Telgate multiculturale», ovvero «Territorio, uomini e culture diverse». Il convegno, voluto dal Comune di Telgate, è organizzato dalla cooperativa Migrantes e dall’Agenzia per l’Integrazione. Dice il sindaco di Telgate, Luca Feroldi: «La situazione è molto delicata, il Comune si trova da solo ad affrontare questioni molto grandi. Si figuri che in dieci anni siamo passati da 150 a 585 immigrati extracomunitari, gente che ha bisogno di alloggi decenti, che viene da Paesi diversi, che quindi ha culture diverse. L’integrazione non è facile. Si va dal problema della comprensione, a quello della casa, della scuola. Il Comune troppo spesso è lasciato solo. Pensi che alla scuola elementare abbiamo bambini di ventritré nazionalità! E pensi che su un totale di 198 bambini da zero a tre anni ben quaranta sono extracomunitari, ovvero più del venti per cento. Una realtà multiculturale che potrebbe rappresentare anche una ricchezza, a patto di avere strutture e personale che possano garantire la comprensione della lingua, una sistemazione dignitosa, delle attività...»
Il sindaco è preoccupato per lo sviluppo armonico della sua comunità, consapevole che crescite esagerate, in un senso o nell’altro, portano a squilibri.
In preparazione al convegno, la cooperativa Migrantes ha realizzato una ricerca, «un’indagine conoscitiva per favorire interventi di promozione interculturale», curata da Diego Salvi. La cooperativa sociale Migrantes venne fondata nell’ottobre del 1993 su iniziativa della cooperativa sociale Servire, con un obiettivo ben preciso: «Trasformare un problema in risorsa» come scrive il suo direttore, Germano Marcolegio. La ricerca prende in considerazione la situazione attuale, i dati statistici. Telgate, insieme a Corna Imagna e Adrara San Rocco, è il paese con maggiore concentrazione di immigrati stranieri della Bergamasca arrivando esattamente al 13,4 percento della popolazione globale con 585 immigrati regolari residenti al 31 dicembre scorso. Per confronto, si consideri che dieci anni prima, il 31 dicembre 1992, gli immigrati residenti a Telgate erano 150.
Quali le ragioni dell’incremento? Senza dubbio la richiesta di manodopera da parte delle numerose imprese della zona. Ma anche la presenza di alcuni cascinali nel centro storico non più appetiti dalla gente del posto, i cascinali che tuttora mantengono un’attività agricola dove vengono impiegati soprattutto immigrati provenienti dall’India. Ma tra le ragioni viene segnalato anche «Lo spirito missionario che caratterizza la storia di Telgate, spirito che ha promosso una culturale locale dell’accoglienza».
La presenza più massiccia è quella dei senegalesi che erano ben 199 al giugno scorso e che rappresentano il 4,6 percento del totale della popolazione. Seguono marocchini, indiani e albanesi. La presenza di maschi e femmine è molto variabile a secondo della provenienza. Per esempio, i Senegalesi sono quasi tutti maschi (190 contro 9 femmine), marocchini e albanesi presentano un’elevato tasso di ricongiungimenti familiari e le donne sono pressoché lo stesso numero degli uomini.
La ricerca presenta interviste ai cittadini di Telgate e agli immigrati per cercare di individuare il «sentire comune». Emergono le questioni dell’igiene, il problema concreto dell’immondizia da smaltire, elementi pratici che portano alla considerazione dei diversi modi di vivere e della necessità di accettare le regole. Emerge il problema del sovraffollamento di appartamenti fatiscenti affittati a prezzi eccessivi. Emerge la questione della scarsa conoscenza reciproca.
Da parte degli immigrati il sentire comune consiste nel non sentirsi «sufficientemente rispettati nella propria specificità culturale», vivono una realtà dove non si sentono bene accolti. Come migliorare la situazione? Vengono proposti alcuni interventi che favoriscano il contatto fra italiani e stranieri, la partecipazione degli immigrati alla vita della comunità. Dall’organizzare insieme partite di calcio, all’introduzione di figure professionali di «mediatore culturale», al mettere a contatto le persone che lavorano in «contesti interculturali» (per esempio la scuola, la parrocchia, il comune), corsi di formazione rivolti alle famiglie.

Da L’Eco di Bergamo del 10/01/2002

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