Terremoto, le donazioni dei bergamaschi
a trenta comunità vicine ad Amatrice

«Stanno a demolì la casa di zio Pasquale, andiamo a vedere». Nel centro di Amatrice la signora chiama a raccolta i parenti. A due mesi dal sisma che nella notte fra il 23 e il 24 agosto, in 122 secondi dalle 3,37 provocò 298 morti in queste valli all’incrocio fra Lazio, Umbria e Abruzzo, il paese simbolo della tragedia è un campo di soccorso dove curare ancora ferite fisiche e dell’anima.

Si abbattono gli edifici pericolanti, in attesa che la macchina della ricostruzione dispieghi i suoi effetti. La parte storica di Amatrice è disabitata e le tendopoli sono state in gran parte smantellate. Le Caritas regionali procederanno gemellandosi con le quattro aree nelle quali è stato diviso l’ampio territorio di Amatrice. Ogni Caritas invierà subito due volontari per verificare e rispondere ai bisogni sociali e di relazione ancora scoperti, antidoto all’isolamento che qui è stato d’animo diffuso. L’impegno sarà al minimo di un anno e rinnovabile. L’obiettivo primario è realizzare spazi comunitari dove le persone possano incontrarsi, condividere tempo e necessità. Alla Caritas lombarda è stata assegnata l’area di 30 frazioni da Saletta a Retrosi, proprio lungo la faglia dove ha agito il sisma. Una zona quindi fra le più danneggiate. È qui che opererà anche la Caritas bergamasca, mettendo a frutto i 750 mila euro raccolti finora con la sottoscrizione, oltre a quelli della colletta nazionale. Il gemellaggio potrebbe coinvolgere anche il Tavolo di coordinamento al quale siedono oltre alla Caritas, Alpini, Provincia, Comune di Bergamo, Cai e L’Eco di Bergamo.

La caparbietà orobica qui sarebbe di aiuto. Amatrice peraltro non ha niente da imparare in quanto a carattere. Don Savino, parroco del paese, ha superato i 70 anni. Ma nella notte del terremoto salvò 27 anziani portandoli a braccia lungo le scale di servizio fuori dalla Casa di riposo pericolante. Lui è qui, in prima fila per il rilancio della piccola, grande Amatrice.

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