Un’Italia pragmatica
per attrarre le imprese

Per un ArcelorMittal che va c’è un Elon Musk-Tesla che viene. Il pioniere dell’auto elettrica ha deciso di investire in Europa ma non in Italia. Vicino all’aeroporto di Berlino verrà costruito il prossimo anno una nuova fabbrica di veicoli elettrici e di batterie. In Brandeburgo regna una landa a tal punto desolata che all’annuncio del nuovo investimento il capo del governo del Land ha indetto una conferenza stampa. Per un territorio dove la disoccupazione viaggia a due cifre un colpo di fortuna.

La notizia ha fatto il giro di tutti i telegiornali nazionali. Dopo Fremont in California e Shanghai in Cina, Tesla punta ora sui 500 milioni di utenti potenziali dell’Unione Europea. Avrebbe potuto scegliere un Paese con bassi salari, è invece andato in direzione opposta. Decisiva per lui la grande tradizione ingegneristica tedesca. La politica industriale di Berlino garantisce certezza di diritto e agevolazioni a chi investe in Germania nei settori delle energie alternative.

Per l’Italia è una partita a somma zero. Se Taranto rinuncia alla produzione di acciaio i concorrenti europei tirano un sospiro di sollievo. Come riferisce un report di «Deutsche Bank» vi è attualmente una sovrapproduzione che si aggira sul 3% dovuta essenzialmente al calo del settore automobilistico. L’eliminazione di Taranto dalla mappa dell’acciaio permette agli altri siti produttivi dell’Ue di tirare fiato. La loro sopravvivenza è garantita dal fatto che il sito pugliese si toglie dal mercato e permette loro di tenere il passo senza crisi aziendali e bagni di sangue occupazionali. L’Italia, contrariamente a quanto si pensi, avrebbe i numeri perché un Musk possa investire. Le energie alternative, eolica, solare e del biogas coprono il 24 % dell’energia prodotta, la Francia del nucleare è all’8%, nell’efficienza energetica degli edifici e nella riduzione della dispersione termica dopo Germania e Giappone è l’Italia al terzo posto secondo i dati del thinktank «American Council for an energy-efficient economy» (Aceee) e nonostante i problemi dei rifiuti a Napoli e di Roma la coscienza ecologica è diffusa lungo lo stivale. I giovani studiosi italiani sono apprezzati in tutto il mondo e i nostri politecnici hanno ottime credenziali. In più in Norditalia vi è una filiera produttiva che farebbe comodo a chi intende sviluppare un insediamento industriale. Ma Elon Musk in Italia non ci viene per gli stessi motivi per i quali ArcelorMittal vuole andarsene.

Negli anni ’80 i Verdi in Germania avevano come parola d’ordine l’abolizione del lavoro alla catena di montaggio e la liberazione dalla pulsione della prestazione. Adesso dicono testualmente: «Il mercato, se adeguatamente guidato, può sviluppare una rivoluzione verde che va al di là di ogni nostra immaginazione». Un’evoluzione di pensiero che si fonda sull’idea di società aperta di Karl Popper e sull’etica della responsabilità del filosofo Hans Jonas. Un modello industriale che non maledice il capitalismo ma lo vuole gestire in modo sostenibile con l’aiuto della tecnologia. I Verdi tedeschi hanno avuto alle ultime elezioni europee più del 20% e sono in crescita. In Austria i popolari di Sebastian Kurz sono al governo con i Verdi. Tradizione e progresso tecnologico convivono. In Italia il Movimento 5 Stelle, che del mondo verde condivide le preoccupazioni, assolve ancora una fase di protesta. L’inaspettato successo alle ultime elezioni nasce non da un programma realistico ma dalla ribellione. Più pragmatismo e meno moralismo verrebbe da dire è la parola d’ordine del momento. Ed è quello che si aspettano ArcelorMittal e i vari Musk del mondo disposti ad investire in Italia. Rimane un solo interrogativo: abbiamo ancora tempo?

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