Big Data nella nostra vita
Forse cambierà in meglio

Se ognuno di noi registrasse i propri piccoli gesti sotto forma di semplice numero, di informazione e, per esempio alla fine dell’anno, li rileggesse in chiave di bilancio familiare probabilmente scoprirebbe che comportamenti, decisioni più oculate porterebbero a una gestione della propria vita più efficiente. Un caffè in meno, spegnere sempre le luci comporta un risparmio, a volte importante.

Due caffè al giorno, due viaggi in auto per portare e recuperare il figlio a scuola, una bolletta della luce che resta alta anche d’estate quando le luci non dovrebbero restare accese. Sono esempi semplici, forse anche banali. Ma sono un buon punto di partenza per capire quanto siamo distratti. Se ognuno di noi registrasse questi piccoli gesti sotto forma di semplice numero, di informazione e, per esempio alla fine dell’anno, li rileggesse in chiave di bilancio familiare probabilmente scoprirebbe che comportamenti, decisioni più oculate porterebbero a una gestione della propria vita più efficiente. Un caffè in meno, spegnere sempre le luci comporta un risparmio, a volte importante.

Saper predire il futuro

È bastato archiviare e rileggere i dati generati in un anno per capire come dare efficienza ai propri gesti. «Nonostante sia una persona, o una singola famiglia è da qui, da queste semplici informazioni che si inizia a parlare di Big Data. Ognuno di noi è come se rappresentasse un piccolo immenso archivio di tracce sulle abitudini che quantificano e misurano ogni nostra attività. In ogni istante del giorno». Michele Colombi, è un esperto nella gestione di grandi archivi, con una specializzazione sull’efficientamento energetico delle imprese, uno dei settori in cui il ricorso ai Big Data sta diventando strumento innovativo di gestione aziendale. Colombi, giovane ingegnere, lavora nella squadra di Innowatio, l’azienda bergamasca e quartier generale al Kilometro Rosso, gruppo leader nei servizi innovativi di gestione integrata delle tematiche energetiche delle imprese.

E oggi, nell’era dei bit, del mondo digitale, delle mille connessioni, dell’internet delle cose – il frigo che parla con il forno, per esempio, la famosa domotica -, tutti questi dati vengono raccolti e immagazzinati attraverso la rete, internet, le connessioni digitali sotto forma di tracce lasciate da ogni tipo di dispositivo digitale, dal pc allo smartphone, ai telefoni cellulari.

Siamo ovunque

Basta leggere i numeri per capire le dimensioni di questo fenomeno: ogni giorno 2,5 miliardi di persone si collegano a internet, ogni minuto vengono spedite 200 milioni di mail, oltre 400 miliardi in una giornata. Su Amazon vengono acquistati 73 prodotti ogni secondo, ogni minuto vengono caricati su Youtube 60 ore di filmati da oltre 90 milioni di persone. Sono 700 miliardi i minuti spesi su Facebook ogni mese e sono 4,7 miliardi le persone che posseggono un cellulare, 2,4 trilioni i pc e telefonini venduti l’anno scorso.

«Sono migliaia i sensori disseminati, in ogni prodotto ne esiste almeno uno. Ciascuno è un terminale che rilascia informazioni. Per ciascuno di noi è quindi impossibile non lasciare traccia digitale, così da diventare noi stessi produttori di dati. Tutte le connettività che abbiamo durante il giorno, dal cellulare alla mail, ai contatti nei social, al prelievo dal bancomat fino all’acquisto di un paio di scarpe, di un elettrodomestico pagando con la carta di credito, generano anche inconsapevolmente un altissimo numero di informazioni sulle nostre scelte. Un volume di informazioni che altrettanto velocemente vengono archiviate e analizzate in tempo reale».

C’è sempre una risposta

È incrociando questi flussi di dati lasciati sul web che si generano risposte altrettanto preziose. «Pensiamo – spiega Colombi – alla possibilità di interventi tempestivi nel caso di disastri, di incidenti o catastrofi naturali. Ma anche alla qualità della nostra vita che migliora con servizi più efficienti, risposte mirate ai bisogni. Pensiamo a un cittadino normale, in un giorno qualsiasi: può cercare una casa, un albergo per soggiornare, un ristorante o una farmacia. Chiede di spostarsi con i mezzi pubblici, quali luoghi visitare o gli eventi a cui partecipare. Basta collegarsi alla rete per avere la risposta, e in tempo reale». Nel 2000, il 25% di tutta l’informazione prodotta nel mondo era archiviata su supporto digitale. Oggi, siamo oltre il 98%, cioè tutta l’informazione esistente al mondo. La vita quotidiana è dominata dalle tecnologie digitali e ogni utilizzo di quelle tecnologie lascia una traccia. I milioni di conversazioni sui social network fanno sapere che cosa le persone si raccontano, di cosa stanno parlando, di che cosa si interessano, che cosa faranno o stanno cercando, che tipo di esigenze manifestano.

Ma ne vale la pena?

«Queste informazioni consentono di meglio programmare i trasporti, le cure sanitarie, i servizi nelle città, personalizzare i prodotti in base ai gusti, alle preferenze. Alle aziende consentono di corteggiare i clienti, di rendere più efficace la pubblicità. E, infatti, intorno alla raccolta, all’analisi e alla gestione dei dati – spiega Colombi - è nato un nuovo enorme business, quello che io chiamo il nuovo Oro del millennio. Attraverso strumenti di analisi (i data analytics) da ogni dato si estrapolano trend di comportamenti del pubblico. Questi suggeriscono alle aziende i più efficaci piani di marketing, migliorano le relazioni clienti-fornitori, individuano prodotti mirati ai desideri dei clienti. È questo il nuovo business: la gestione dei milioni di dati. Google, Amazon, Facebook, Apple del resto lo insegnano. Ogni volta che viene consultato uno di questi portali si lascia una traccia, che viene archiviata insieme a milioni di altre. Non sono più estrapolazioni statistiche da campioni – spiega Colombi -, ma sono comportamenti reali».

Quale futuro scegliamo

Ma noi, singole persone, non possiamo farci nulla? E ne vale la pena essere sempre così sotto controllo e registrati? «L’unica via per sganciarsi da questo meccanismo è uscire dal sistema tecnologico, dalla rete digitale e dimenticarsi di internet, lasciare a casa il telefonino, tornare ai vecchi sistemi. Significa anche – sottolinea Colombi - non vere più accesso ovunque alla posta elettronica in tempo reale, liberarsi del navigatore in auto, non usufruire di servizi per pagare le bollette o prelevare i soldi in banca, fare acquisti… Ma ciò è possibile oggi? Qualcuno dice che non è una bella cosa perché sono sempre spiato, altri invece sostengono che questo è il modo per avere e trovare esattamente quello che si desidera. Certo è che - conclude Colombi - l’invasione dei numeri è altissima, un fenomeno mai conosciuto finora. Ma forse è proprio questa la sfida: cogliere le opportunità sapendo e conoscendo i rischi delle nuove tecnologie».

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