Estate, liberi tutti
Giocare per crescere

C’era un tempo in cui d’estate si giocava per strada: a nascondino, ai quattro cantoni, a palla avvelenata, a pallone, fino a quando non interveniva il vigile o il padrone dell’auto che faceva da porta. I ragazzini non avevano problemi di obesità come oggi, perché troppo spesso seduti davanti a uno schermo, della tv o del pc, chiusi in casa a giocare con il Nintendo, l’iPhone, l’iPad, a simulare sport con la Wii. In questi giorni perfino in spiaggia o stesi su un prato i bambini hanno gli occhi appiccicati a un tablet o a uno smartphone.

All’epoca dei giochi di strada, invece, avevano sempre le ginocchia e i gomiti sbucciati. Non solo. Vinceva la spontaneità. In vacanza, oggi, i figli, di genitori sempre più apprensivi, sono ingabbiati in gruppi di animazione divisi per fasce d’età, non scelgono più liberamente a che gioco giocare e con chi. La logica manageriale delle agende sempre fitte di impegni ha fagocitato anche il tempo libero dei più piccoli. Già in città i ragazzini, finite le ore di scuola, sono occupati in corsi di ogni genere: calcio, atletica, ginnastica, danza, musica, lingue straniere. Il compleanno si festeggia con gli animatori ingaggiati dalla mamma, i palloncini, le facce dipinte, i giochi organizzati. Restituiamo ai ragazzi il loro tempo: non tornerà più indietro. A questo tema di ecologia integrale è dedicato l’inserto del supplemento mensile di ambiente e green economy «Eco.Bergamo», in edicola gratis con L’Eco di Bergamo il 7 luglio.

A rischio la personalità dei bambini

Secondo l’educatore francese Arno Stern, che si occupa di ecologia dell’infanzia, si tratta di una vera e propria emergenza, che mette a rischio la personalità dei bambini. «Il gioco – spiega Maria Carla Mangili, dell’associazione “Il Segno Il Colore“ che a Bergamo approfondisce gli studi di Stern – è l’attivita creativa per eccellenza, perché è libera, svincolata da una dimensione “produttivistica” a favore di una non condizionata da esigenze utilitaristiche. Il gioco è il motore di crescita nell’infanzia, soprattutto nei primi anni, ma non si esaurisce lì e può accompagnare la persona nell’arco intero della vita». Mentre il diritto al gioco è garantito dall’art. 31 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia emanata dalle Nazioni Unite, ci si domanda se, in realtà, sia ancora possibile per i bambini abbandonare tablet e cellulari e stare all’aria aperta per assaporare il bello dell’infanzia senza nessun pensiero. La generazione dei baby boomers, che giocava ancora a pallone per la strada e nei cortili, conserva gelosamente ricordi che i figli non riescono più a sperimentare.

Meno gioco all’aperto, più depressione

Lo psicologo americano Peter Gray del Boston College denuncia da anni come, con la drastica diminuzione del gioco libero all’aperto, nei bambini, negli adolescenti e nei giovani siano aumentati ansia, depressione, infelicità, narcisismo, fino ai suicidi. Non è un caso, sottolinea lo studioso, in quanto il gioco è il mezzo principale con cui il bambino sviluppa interessi e competenze, impara a prendere decisioni, a risolvere problemi, a controllarsi, a seguire le regole, a stringere amicizie, ad andare d’accordo con i propri pari. E assapora le prime, vere soddisfazioni. All’aperto le opportunità si moltiplicano: in un giardino ci si può arrampicare, nascondere, costruire un rifugio, alzare una diga. Ci si affranca dal controllo degli adulti, si litiga e si fa pace senza interferenze e senza inibizioni. Il ruolo dell’adulto, secondo Gray, dovrebbe essere come quello del bagnino, che interviene solo nel caso di necessità.

Stop a cellulari e tablet

È d’accordo il dottor Leo Venturelli, garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Bergamo: «Anzi, allargherei il discorso del movimento all’aperto. Il bambino che gioca consuma calorie, attiva le funzioni generali dell’organismo, combatte l’obesità. In un recente congresso dell’Accademia americana di pediatria, poi, era incentivata una particolare prescrizione, che mi trova perfettamente d’accordo: consigliare ai genitori più gioco con i propri figli. Serve a rafforzare una genitorialità attiva e competente, in contrasto con l’uso di cellulari e tablet fin dalla prima infanzia, che limitano la creatività, il linguaggio, la socializzazione dei figli».

Patrimonio immateriale dell’umanità

Nel 2003 l’Unesco ha inserito il gioco e lo sport tradizionali tra i «Patrimoni orali e immateriali dell’umanità», un bene prezioso che si trasmette di generazione in generazione e riconsegna il senso dell’identità e della continuità, promuovendo la creatività e la diversità culturale. In Italia se ne occupa l’Associazione Giochi Antichi (Aga) con sede a Verona, dove ogni anno, a settembre, organizza il «Tocatì», un festival che raccoglie partecipanti da tutte le parti d’Italia e del mondo. All’edizione del 2011 la cooperativa L’Innesto di Trate, in Val Cavallina, ha portato «Ol pirlì», riscoprendo il gioco da tavolo della tradizione bergamasca, l’antenato del flipper, praticato nelle osterie fino agli anni ’90, di cui si erano perse le tracce: una piccola trottola è lanciata per abbattere i birilli di un castello in miniatura, dotato di portoni e di mura, una metafora della lotta della plebe contro i soprusi della nobiltà.

Un inventario dei giochi tradizionali

«Per la Regione Lombardia – spiega Giuseppe Giacon, vicepresidente dell’Aga – stiamo procedendo al primo inventario dei giochi e sport tradizionali del territorio. Per garantirne la tutela, stiamo individuando i gruppi che ancora li praticano». Dal censimento dell’Aga oggi, nella Bergamasca, risultano comunità di gioco di pirlì, morra e freccette. Chi conoscesse altri giochi tradizionali ancora praticati è invitato a contattare l’Aga e contribuire a tutelare una biodiversità particolare, un patrimonio dell’umanità.

L’economia circolare dei giocattoli

Referente per Bergamo del progetto Etres, la rete europea di formazione degli educatori ambientali per attivare dinamiche di cittadinanza attiva verso la transizione ecologica, la cooperativa sociale Alchimia di via San Bernardino a Bergamo è convinta che si possano insegnare il rispetto per l’ambiente, la sostenibilità e l’economia circolare anche con piccoli gesti, come costruire giocattoli con materiale da riciclare. Come una volta, quando non esisteva la plastica e la necessità aguzzava l’ingegno. Per la cooperativa, Daniela Ginammi tiene laboratori creativi con materiale di recupero per assemblare giochi semplici insieme ai bambini: «È molto importante costruirli con le proprie mani. Si prova la soddisfazione di realizzare qualcosa e di recuperare materiali con la fantasia, conferendo nuova vita agli oggetti e aumentando l’autostima».

Il successo delle manifestazioni all’aperto

Se i bambini potessero riappropriarsi di strade, cortili e piazze, forse giocherebbero di più. Lo prova il successo che riscuotono le manifestazioni legate ai giochi all’aperto, come «Giochi di una volta», la proposta organizzata dal Comune di Zogno in Val Brembana, con oltre 80 giochi tradizionali e antichi, in legno e materiali naturali, dal salto della corda alle carte.

Oltre 60 giochi, tutti costruiti in proprio, sono proposti nelle piazze della Bergamasca anche dalla «Compagnia del Re Gnocco», l’associazione culturale nata a Mapello 15 anni fa con l’intento di promuovere danze popolari e sostenere con il ricavato l’Abio, l’Associazione per il Bambino in Ospedale, di Bergamo.

Il Ludobus Giochingiro della cooperativa Alchimia di Bergamo, infine, porta sulle piazze e nelle feste un furgone carico di giochi autoprodotti, capaci di affascinare e coinvolgere anche gli adolescenti. L’ispirazione viene dalla tradizione nordica del ludobus, per portare nelle piazze giochi semplici che continuano ad esercitare un forte richiamo.

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