La città a portata
di quindici minuti

L’emergenza sanitaria ha imposto l’obbligo della distanza, lo spazio minimo da mantenere per evitare rischi di contagio. L’altra variabile fondamentale è quella dei tempi, non solo nella crisi sanitaria in corso, ma anche per costruire città più sostenibili e vivibili. La prima voce dell’indice del position paper preparato lo scorso giugno dal Comune del capoluogo, «Bergamo 2020, strategia di rilancio e adattamento», era proprio «Flessibilità – tempi e orari».

La rivista di ambiente, ecologia, green economy, eco.bergamo, in edicola domenica 6 dicembre gratis con il quotidiano, dedica un’inchiesta di quattro pagine a questo tema. I limiti ai posti sui mezzi pubblici, già all’inizio dell’anno scolastico, hanno indotto a ripensare l’offerta di trasporto pubblico. L’esigenza si ripresenterà con la prossima riapertura degli istituti superiori. Varare soluzioni che combinino spostamenti sicuri con l’organizzazione delle attività richiede uno sforzo impegnativo di coordinamento. La decisione determinante, che riguarda gli orari, si ripercuote anche sulla qualità dell’ambiente. Non si può più tornare a muoversi tutti insieme negli stessi tempi e spazi.

Gli strumenti legislativi esistono già

Gli strumenti esistono già. La legge n. 53 del 2000 («Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città»), seguita dalla legge regionale n. 28 del 2004, ha istituito – per i centri abitati con oltre 30 mila abitanti – l’obbligo di definire un «Piano territoriale degli orari». Il Consiglio comunale di Bergamo ha approvato il proprio nell’estate del 2006. La figura del «mobility manager d’area» (previsto da un Decreto del ministero dell’Ambiente del 2000) è centrale ed è accompagnata da quella del «mobility manager scolastico», istituito da una Legge del 2015.

I flussi degli spostamenti, in primo luogo per motivi di lavoro e di studio, si dipanano sempre più, con il passare degli anni, sulla scala territoriale di un agglomerato urbano molto più vasto di quello della sola area del capoluogo. Convergenze di scelte e di comportamenti di svariate categorie di cittadini sono indispensabili per organizzare in modo efficace gli orari, che condizionano i trasporti e i servizi dell’area urbana. Anche questo capitolo, insomma, dimostra la necessità di un coordinamento sovracomunale.

Il modello di Parigi

Parigi offre il modello di un superamento della vecchia città congestionata nei tempi e negli spazi, con conseguenze ambientali e sociali e ora anche sanitarie. La metropoli del sindaco Anne Hidalgo si è posta scadenze a breve termine per diventare una città a portata di quindici minuti. Milano sta già cercando di recepirne l’esempio, mentre Bergamo ha la dimensione giusta per portare tutti i servizi a non più di un quarto d’ora.

Pontevedra, 83 mila abitanti, in Galizia, da ormai vent’anni ha praticamente rinunciato alle auto nelle strade urbane, ricostruendo i tempi sugli spostamenti a piedi, ora grazie a una app, Metrominuto, che descrive e misura le percorrenze. La app è stata adottata da non poche città anche in Italia, da Nord a Sud, come Ferrara e Lecce. Portland nell’Oregon, oltreoceano, è diventata la città dei «quartieri dei 20 minuti», dove tutto è a portata di passeggiata: scuole, negozi, servizi sanitari, offerte culturali.

I tempi in cui si possono svolgere le attività sono da aumentare e allungare, gli spazi da moltiplicare. All’insegna della flessibilità. I Piani degli orari delle città dopo la pandemia sono attesi da questa sfida.

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