Eco.Innovazione
Gli artigiani vanno in rete

«Ci siamo riusciti. È stata la nostra vittoria verso la modernizzazione. Il nostro messaggio ora è chiaro: siamo tutti artigiani, piccole imprese del territorio. Ma abbiamo dimostrato di saperci confrontare con la sfida dell’innovazione e della globalizzazione»

«Ci siamo riusciti. È stata la nostra vittoria verso la modernizzazione. Il nostro messaggio ora è chiaro: siamo tutti artigiani, piccole imprese del territorio. Ma abbiamo dimostrato di saperci confrontare con la sfida dell’innovazione e della globalizzazione. Solo le nostre caratteristiche culturali, le nostre competenze professionali, la nostra capacità di adattarsi e di relazione dentro una leadership circolare ad aver imposto, naturalmente, una disciplina in cui tutti siamo rimasti concentrati sul progetto di partenza: la smart house». Claudio Fiorendi, artigiano impiantista, ricorda ancora le ore fino a notte tarda necessarie per realizzare quel progetto all’ingresso della Porta Ovest di Expo. E ne va orgoglioso. La Green Smart House, ha segnato un salto di qualità nel modello della piccola impresa artigiana bergamasca. Ha tracciato due percorsi distinti e paralleli da cui oggi non si può più tornare indietro: il valore del green, materiali e tecnologie, come parte integrante del sistema casa, del modo di abitare, della flessibilità dell’abitazione. E ha saputo recuperare l’aspetto qualitativo dell’artigianato, come modo di essere imprenditore e di lavorare in un sistema a rete di imprese.

Un salto di qualità
Ora questo modello ha consolidato un vantaggio competitivo. La sua forza resta nei piccoli numeri degli artigiani, nella capacità di personalizzazione del prodotto, e in una profonda relazione con il cliente. Tutto sotto la regia e unico interlocutore, creativo e organizzativo, di un general contractor. Il modello funziona.

Al centro di tutto questo percorso c’è il progetto della Green Smart House, la eco-casa che Confartigianato Bergamo ha voluto come progetto innovativo da portare alle porte di Expo 2015 per garantire quel salto di qualità della piccola manifattura locale a imprese globali e innovative. E in parte ha preso tutti anche un po’ in contropiede. Claudio Fiorendi è a capo del Caib, il consorzio nato nel 2002 dentro Confartigianato, con 28 aziende specializzate nell’impiantistica. Non esita a sottolineare il primo successo di questa esperienza. «Abbiamo dimostrato la differenza che passa dal fare l’idraulico e crescere per diventare un imprenditore idraulico. Il collante è stato il lavoro in rete . Nessuno si è mai sentito in competizione, mai nessuna concorrenza. Sempre tutti colleghi. La leadership circolare ha questa forza, fa sentire tutti allo stesso livello, con lo stesso valore, peso professionale dentro al medesimo progetto interamente condiviso, salvaguardando però l’autonomia di ciascuna impresa. Anche di fare business». C’è poi il valore aggiunto di questo percorso, la forza innovativa che deriva dall’approccio green. «Significa guardare sempre al nostro territorio. La sinergia, in chiave green, è la condivisione delle idee, dei sistemi di produzione, dell’investimento in ricerca aumentando così la spinta all’innovazione».

Le risorse del posto
Fiorendi si sente artigiano del territorio. E dentro questa appartenenza rivendica la sua concezione di sistema green dell’economia. «Non è pensabile costruire una casa ecologica facendo arrivare i materiali da oltre 150-200 chilometri. Risorse, materiali e uomini devono aver origine qui, da noi. Questo significa sfruttare il territorio: ricorrere alle risorse locali, utilizzare i materiali del posto, riusare gli scarti di altre lavorazioni, favorire la ricaduta economica sul posto. Questa deve essere la vera focalizzazione di una rete d’impresa». Fiorendi vanta 40 anni di esperienza artigiana, moltissimi di questi passati proprio a costruire e sperimentare reti d’impresa. Dal 2008 si specializza nel sistema e nell’area casa. Conosce i meccanismi da governare e il passaggio decisivo del progetto. «L’innovazione di questo nuovo modello di lavoro fra imprese è tutta nella progettazione integrata. Un salto di qualità rispetto al lavoro di cantiere, dove ogni impresa partecipa per la sua parte e non sa nulla di quello che fa l’altra. Qui la relazione è differente: si lavora con mansioni e funzioni specifiche. ma dove ognuno coniuga, interagisce e definisce la propria parte in stretta relazione a quella degli altri. Ci si trova tutti dentro a un’aggregazione di imprese, con un progetto integrato e una leadership circolare, determinata sulla competenza che le varie fasi del progetto richiedono per la sua realizzazione». Il salto è questo. Il vecchio modello non funziona più. E la svolta del loro saper fare significa abbandonarlo per sempre.

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