Contratti di solidarietà per 100 ditte
Fiom Cgil: salvati 4mila posti di lavoro

Sono oltre cento le aziende metalmeccaniche della Lombardia che hanno fatto ricorso ai contratti di solidarietà negli ultimi due anni. Lo rende noto la Fiom Cgil regionale che ritiene che i contratti di solidarietà siano un'alternativa di gran lunga preferibile alla cassa integrazione e alla mobilità. Con il contratto di solidarietà, i lavorati, pur avendo una riduzione delle ore di lavoro e una diminuzione dello stipendio del 20%, riescono a mantenere il posto di lavoro.

In tutta la Lombardia sono 109 le fabbriche che, a causa della crisi, hanno fatto ricorso a questo strumento, con 10.573 lavoratori coinvolti. Dall'inizio del 2009 ad oggi, grazie allo strumento della solidarietà, sono stati salvati 4mila posti di lavoro circa, poco meno di un terzo del numero totale di dipendenti (12.221) delle imprese coinvolte. La provincia più “solidale” è stata quella di Brescia (come si vede nel foglio 3 in allegato), con 60 aziende coinvolte, per un totale di 6.695 addetti in solidarietà. Seguono quelle di Bergamo (con 10 aziende e 466 dipendenti), Lecco (9 aziende e 726 dipendenti), Valle Camonica (7 aziende e 712 dipendenti), Legnano (7 aziende e 317 dipendenti), Varese (6 aziende e 578 dipendenti), Milano (3 aziende e 118 dipendenti), Mantova (3 aziende e 227 dipendenti), Como (2 aziende e 661 dipendenti), Cremona (2 aziende e 73 dipendenti). “Crediamo che lo strumento della solidarietà sia un'opportunità per i lavoratori delle aziende colpite dalla crisi – dice Mirco Rota, segretario della Fiom Cgil Lombardia. – Certo, richiede uno sforzo da parte di tutti i lavoratori e non solo di quelli che sarebbero stati messi in cassa integrazione oppure in mobilità perché prevede un abbassamento generalizzato degli stipendi. E' però uno strumento che permette di superare i momenti di difficoltà salvaguardando l'occupazione e che, secondo noi, dovrebbe essere utilizzato di più dalle imprese lombarde”. Molte volte, in questi ultimi due anni, la Fiom Cgil ha chiesto di sottoscrivere accordi di solidarietà “ma ci sono state aziende che non hanno accettato, preferendo ricorrere alla cassa integrazione oppure, ancora peggio, alla mobilità. A volte il rifiuto è arrivato direttamente da Confindustria”. Per fortuna, conclude Rota, “altri imprenditori, che vogliono salvaguardare il capitale umano delle proprie aziende, hanno invece detto sì ai contratti di solidarietà”.

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