Le imprese non vogliono pagare
Boom di vertenze nel Commercio

Le vertenze sono un po' la cartina di tornasole della situazione economica. E l'anno scorso hanno fatto segnare un altro passo avanti, secondo i dati della Cisl bergamasca. Oltre 9 mila lavoratori si sono rivolti all'ufficio: recuperati 16 milioni di euro.

Le vertenze sono un po' la cartina di tornasole della situazione economica. E l'anno scorso hanno fatto segnare un altro passo avanti, secondo i dati diffusi lunedì 25 febbraio dall'Ufficio vertenze della Cisl bergamasca. Oltre 9 mila lavoratori si sono rivolti all'ufficio che quest'anno - rispetto ai 14 dell'anno scorso - ha recuperato per i propri assistiti 16 milioni di euro di spettanze (di cui 13 dai fallimenti). «Si è trattato - dice la Cisl - di recupero dei crediti da lavoro non erogati anche parecchi mesi dopo la naturale maturazione»: 1.590 casi (1.447 l'anno scorso), cioè il 73% delle vertenze. Salita anche la contestazione dei licenziamenti ritenuti illegittimi: 445 casi (332 l'anno scorso), il 20% delle vertenze.

«Il numero dei licenziamenti impugnati - spiega Salvatore Catalano, responsabile dell'Ufficio vertenze - per il momento pare non aver subito i temuti effetti della legge Fornero». «I dati sulle procedure fallimentari - continua Catalano - ci dicono che viviamo ancora una situazione drammatica: anche se il numero assoluto dei fallimenti consumati nella nostra provincia si è attestato su 285 procedure contro le 281 del 2011, è da segnalare il crescente numero dei lavoratori coinvolti (1.282 rispetto a 1.180 del 2011). Cominciano ad essere coinvolte aziende di dimensioni più importanti».

Per quanto riguarda i comparti interessati dalle vertenze (per retribuzioni non pagate o irregolarità varie), in testa c'è il commercio con 749 lavoratori (34,4%), seguito dall'edilizia con 543 casi (24,9%), poi il metalmeccanico con 382 (17,5%), il tessile-chimico 176 (8%), i trasporti 111 (5%), il pubblico impiego (4%), altri 125 (5,7%). Prevalgono, poi, gli uomini (62,2%) sulle donne (37,7%). I casi di fallimenti vedono al primo posto l'edilizia (39,6%), quindi la metalmeccanica (21,8%), i trasporti (11,2%), il commercio (11%), il tessile (9,9%).

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 26 febbraio

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