Sipario su Pitti Immagine Uomo
I bergamaschi guardano alla Cina

Da Pitti Immagine Uomo, la rassegna del menswear che si è appena chiusa a Firenze, qualche primo segnale positivo per il sistema moda-lusso nazionale. Il bilancio degli espositori bergamaschi presenti alla kermesse in terra toscana è quello di un'edizione carica di energia.

Da Pitti Immagine Uomo, la più significativa rassegna del menswear che si è appena chiusa a Firenze, qualche primo segnale positivo per il sistema moda-lusso nazionale. Il bilancio degli espositori bergamaschi presenti alla kermesse in terra toscana è quello di un'edizione carica di energia, alimentata non solo dalla continua crescita dei mercati più ricchi come Russia ed Estremo Oriente, ma anche dal fatto che Stati Uniti e Giappone hanno ricominciato a correre. In zona euro, incoraggianti segnali di recupero dal Nord Europa. Meno tesa, secondo alcuni, anche la situazione italiana.

È comunque ad Oriente che guarda la campagna vendite dell'estate 2015. Punta alla Cina sia chi è introdotto da tempo e vi realizza una parte consistente del fatturato, sia chi sta ancora studiando il terreno.

«A Firenze sono arrivati visitatori da varie zone della Repubblica Popolare - esordisce Paolo Maffeis, amministratore delegato della Camiceria Emanuele Maffeis -. Da un paio d'anni stiamo affrontando questo importante e complesso territorio, dove aziende come la nostra possono cogliere opportunità di sviluppo interessanti grazie alla crescita dei negozi multimarca, formula tipicamente europea».

Un fenomeno legato alla progressiva emancipazione del consumatore asiatico. «Se prima era determinante la notorietà del brand - continua l'industriale - adesso la tendenza degli operatori locali è investire in canali diversi dai monomarca delle grandi griffes, cercando aziende specializzate nelle varie merceologie. In questo caso è l'insegna a farsi garante del livello qualitativo dell'offerta».

La conquista dell'ex Impero Cinese offre altri concreti vantaggi. «Come in Russia, i pagamenti vengono effettuati in anticipo - sottolineano Massimiliano e Fabio Bresciani dell'omonimo Calzificio - e quindi sono garantiti in un momento come l'attuale di allarme rosso per gli insoluti e i continui ritardi». Stesso refrain da Pinetti, azienda di Brusaporto che realizza piccola pelletteria di pregio. «Da concorrenti, i cinesi sono diventati i migliori clienti. Non è certo una strada facile, ma è una scelta obbligata per garantirsi un futuro».

Nonostante il periodo critico che sta attraversando, anche il dettaglio italiano sembra però deciso a rialzare la testa. «Molti punti vendita hanno chiuso - spiega Arcangelo Passirani, direttore commerciale di Minoronzoni 1953 di Ponte San Pietro -. La selezione ha fatto pulizia dei negozianti improvvisati. Quelli con le spalle robuste per superare le difficoltà, sono tornati a Pitti per fare ricerca con maggior grinta. Hanno voglia di giocarsela con le catene e i monomarca dei top brand».

Aggiunge Daniele Grassi, titolare della Dalmine: «Le insegne italiane più famose stanno esportando nome e capi con la loro etichetta nelle principali capitali dello shopping. In questo sviluppo autonomo c'è spazio per partner produttivi in grado di rispondere al meglio alle loro esigenze». Secondo Omar Bergamelli, direttore commerciale di Sonrisa, le boutique più strutturate stanno già guardando alla ripresa. «La nostra azienda è pronta a sostenerle con una serie di servizi, cha spaziano dal magazzino online al riassortimento in 24-48 ore».

Voce fuori dal coro Giovanni Scaglione, dell'omonimo maglificio. «A Pitti si sono visti meno italiani: tanti sono spariti e tanti non si sono fatti vedere perché faticano a tenere aperto».

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